Silvia Proietti: “Io, danzatrice, figlia di una donna abbandonata alla nascita”

Silvia Proietti
Silvia Proietti

Silvia Proietti ha scoperto prima dei vent’anni che quella che aveva sempre chiamato nonna, in realtà, non aveva con lei un legame di sangue. La madre, Luisa Di Fiore, presidente dell’associazione nazionale FAeGN (Figli adottivi e genitori naturali) era infatti stata partorita e poi abbandonata senza essere riconosciuta al San Giovanni di Roma, prima di essere presa in adozione. Cosa che aveva, poi, scoperto da maggiorenne.

Silvia, trent’anni, si è trasferita da poco a Santarcangelo di Romagna per amore del compagno, lo scultore del ferro Tommaso Maltoni. Insieme, vivono nel parco artistico Mutonia: “La nostra casa è composta da un pullman di dodici metri, da un portavalori antico che funge da bagno e da una roulotte che uso come costumeria”. Danzatrice e acrobata, Silvia è impegnata in questo periodo nelle prove dello spettacolo “180” che porterà in giro con il suo gruppo artistico Seconda Materia. Una versione ridotta arriverà anche alle Saline di Cervia la sera del 22 giugno e alla Notte delle Streghe di Ravenna il giorno successivo.

Lo spettacolo "180"
Lo spettacolo “180”

Il titolo prende spunto dalla famosa legge 180 di Franco Basaglia, che ha ispirato la performance di physical theatre, dove la pesantezza del tema – la malattia mentale o presunta tale – viene edulcorata dal gesto atletico e dai movimenti del corpo: “L’idea è nata da una collega ma, nel costruire il mio personaggio, una ragazza giovane alla quale viene tolto il bambino dopo il parto e sviluppa un tic alle mani che le serve a ingannare il tempo, mi sono come riallacciata anche alla storia di mia madre. Raccogliendo le testimonianze dei manicomi, ho letto storie di donne internate i cui sintomi erano, assurdamente, loquacità, vivacità, rossore in viso. Cose che avrebbero giustificato senza dubbio anche il mio internamento. Ho pensato a quante mamme giovanissime, considerate una vergogna di casa o svampite per aver messo al mondo un figlio troppo presto, possono essere finite in manicomio a quei tempi. Chissà quante di loro, poi, hanno voluto ritrovare i loro bambini. Cosa che la legge italiana ancora oggi vieta, così come è vietato ai figli non riconosciuti risalire ai propri genitori naturali“.

La madre di Silvia, qualche anno fa, dopo una battaglia lunga decenni, ha invece ritrovato il fratello minore ad Amburgo e la sorella maggiore in Sardegna, grazie anche a un appello trasmesso durante una trasmissione in tv: “Sono stata la prima ad andare a conoscere quello che è senz’altro mio zio, un uomo identico a mio fratello. Sono la prima di cinque fratelli, i miei genitori sono separati. Quando mia madre, in tarda adolescenza, mi ha raccontato per la prima volta la sua storia, ho pensato: ‘ecco, l’ennesimo casino familiare’. Ma l’ho presa bene, appoggiandola sempre, così come tra l’altro aveva fatto la mia nonna adottiva, nella sua ricerca. Speriamo che la legge italiana venga presto modificata”.

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