La sentenza: “Il cane non è un figlio, adeguatevi e misurate le parole”

cane al parcoHanno divorziato e si sono accordati su tutto. Anche sul cane. Ma il giudice li ha ripresi proprio per le parole con cui hanno descritto la loro amata bestiola. Succede a Como dove due coniugi hanno deciso di scrivere la parola fine al loro matrimonio ma si sono visti eccepire dal tribunale civile di Como il linguaggio e una certa scala di valori.

In pratica marito e moglie nella loro causa di divorzio avevano paragonato il cane ad un figlio. Il magistrato ha ritenuto “impropria sul piano lessicale l’assimilazione” fra il mantenimento del cane e la “relazione genitoriale” nonché “una caduta di stile a livello culturale“. Quindi va bene accordarsi per tenere l’animale nel fine settimana, sostenere le spese veterinarie e comprare i croccantini ma il cane, conclude il tribunale lombardo, sebbene non debba essere trattato come un oggetto la cui tutela “non si esaurisce nella sola sfera patrimoniale”, non è un figlio.

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