“Stiamo tutti bene”. Così, il 15 gennaio di due anni fa, si chiuse il messaggio che Giulia, ravennate e Antonella, romana d’adozione, mandarono ad amici e parenti subito dopo la nascita di Milo. “Stiamo tutti bene” è anche il nome del racconto a puntate che Giulia, 41enne sceneggiatrice, ha iniziato a scrivere sul web nei primi mesi dopo il parto. Un racconto che prosegue tutt’oggi, nato come regalo per Milo: “Mi sono detta che, forse, da grande, a nostro figlio sarebbe piaciuto leggere come era stato pensato e voluto, nato e cresciuto. E mi sono anche detta che forse, raccontando la nostra vita e la nostra quotidianità, avrei potuto parlare anche agi scettici, a quelli che ci guardano con lo schermo dei pregiudizi”.
I diritti del blog, dopo qualche mese, sono stati acquisti dalla società di produzione del regista Ivan Cotroneo, la Indigo Film e 21: “Non conoscevo Cotroneo di persona. Dopo la sua chiamata, si sono aperte per me anche delle opportunità professionali, come la collaborazione al programma ‘Chiedi a papà’. Segno che è stata una scelta azzeccata esporsi così tanto”. Il blog, per Gulia, è stato anche il “coming out ravennate“, visto che dalla città dove è cresciuta mancava da tanto (anche se qui vivono ancora i genitori e il fratello): “Mi aspettavo chiusure e ritrosie, invece è successo il contrario. Sono riuscita a ritrovare anche la mia amichetta di scuola. Quando ci metti la faccia, quando la gente ti conosce, le distanze si accorciano”.
E anche nella vita quotidiana, in effetti, le cose sono più semplici di quanto Giulia e la moglie (con cui si è sposata ad Alicante, in Spagna, dove poi Nilo è stato concepito grazie a una Fivet) si aspettassero: “Il problema è che, in assenza di una legge che ci tuteli e che riconosca anche Antonella come la mamma di Milo, dobbiamo sempre affidarci al buon cuore della gente, procedere per cortesie. Dobbiamo sperare che la pediatra vada oltre gli ostacoli burocratici e non faccia storie se è mia moglie a portarle il bambino, cosa che in effetti fa. Che all’ospedale, se Antonella viene ricoverata come è successo per un incidente, i medici mi riconoscano come la sua compagna. Per fortuna, finora, tutto bene: anche al nido frequentato da Milo, che però è privato e magari fa caso a sé, hanno cambiato i moduli per l’iscrizione e non mi hanno mai chiesto la delega per permettere a mia moglie di ritirare Milo”.
Sul ddl Cirinnà passato in Senato scarnificato della stepchild adoption, Giulia aveva riposto molte speranze: “Ci avevo creduto per la prima volta. Noi ne avremmo sicuramente usufruito, anche se certe volte, pensandoci, ci facciamo grasse risate: Milo senza Antonella non esisterebbe e con la stepchild verrebbe costretta ad adottare un figlio che senza di lei non sarebbe mai stato pensato. Ma avrebbe rappresentato comunque un piccolo passo in avanti, soprattutto per i giovani omosessuali, che avrebbero potuto iniziare a immaginarsi nella prospettiva di una vita familiare e di una stabilità di coppia, cosa impensabile per chi ha scoperto la propria omosessualità vent’anni fa”.
Milo, tra le sue due mamme, non è vero che non fa differenze: “Io sono quella più accondiscendente, Antonella quella più autorevole. E lui, anche se è piccolo, lo sa e se ne approfitta. Conosce bene le nostre diversità individuali, peccato che non abbiano a che fare – come alcuni possono sostenere – con il genere o l’orientamento sessuale”. La differenza più grande resta però quella legale: “Dopo la nascita di Milo, che ho portato nella pancia io per una mera scelta anagrafica, visto che mia moglie ha otto anni in più di me, ho dovuto trattare con i miei genitori, spiegando che se mi dovesse succedere qualcosa di brutto, non devono mettersi in mezzo, perché Antonella è la mamma del bambino quanto me”. Anche fisicamente, a dire il vero: “Durante la mia gravidanza, lo zenzero lo prendeva lei. La sciatica l’ha avvertita lei qualche giorno prima di me. Ha messo su alcuni chili, come se fosse incinta lei. E sebbene sia capace si svenire per una goccia di sangue, ha assistito al parto e ha tagliato il cordone ombelicale. Un coinvolgimento a 360 gradi”.
E lo dimostra anche il nome del piccolo: Milo, infatti, è anche il cognome della nonna di Antonella. “Un modo anche solo simbolico – conclude Giulia – per creare un collegamento anagrafico. Quello che la legge ci continua a negare”.
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