Hikikomori e baby app, i nostri figli ‘drogati’ di gioco

Bambini cellulare, bimbo, bimbaA nove anni i bambini hanno già un cellulare ma per gli ultimi nati, come fanno sapere gli esperti, esiste perfino un gioco che permettere di scattarsi i selfie tramite un braccio attaccato al seggiolone. E’ quindi quasi scontato che molti di questi ‘nativi digitali’ soffrano di ‘iperconnessione’ nella preadolescenza: è stato calcolato che uno su tre abbia ansia o sintomi neurovegetativi legati all’abuso di computer, tablet, telefonini e altre diavolerie elettroniche. Una vera ossessione che va combattuta con la prevenzione: a Genova, come riporta il quotidiano la Repubblica, il Sert organizza corsi per genitori di bambini sempre più piccoli. Perché, come racconta la psicologa Roberta Facchini, organizzatrice di questi affollatissimi seminari, “quando i ragazzi hanno una dipendenza spesso è già tardi per intervenire”.

Tra le insidie di queste ‘droghe tecnologiche’ gli esperti ne segnalano tre i particolare. C’è l’Hikikomori, termine giapponese usato per riferirsi a coloro che hanno scelto di ritirarsi dalla vita sociale, spesso cercando livelli estremi di isolamento e confinamento. Quella che nella società tradizionale nipponica era (e resta) una forma di ribellione contro l’autorità del padre, applicata al mondo dei videogiochi diventa una patologia provocata dal morboso attaccamento al computer. Uno stato di autoreclusione che viene rafforzato quando il ragazzo capisce che la realtà è ben più dura del mondo virtuale.

E qui arriviamo all’Avatar, ‘l’altro sé’. Si tratta dell’immagine scelta per rappresentare la propria utenza in comunità virtuali, luoghi di aggregazione, discussione, o di gioco on line: ecco, nei casi più gravi i ragazzi si immedesimano a tal punto nel proprio avatar da considerare la realtà virtuale come vita vera. Un disastro che porta all’alienazione pressoché totale.

Infine ci sono le baby app, il modo con cui le multinazionali del divertimento elettronico acchiappano i nostri figli fin da piccoli. Con la complicità dei genitori. Sono infatti mamma e papà che di fronte ai capricci dei bambini scelgono la scorciatoia e sempre più spesso scaricano programmi per calmare i figli. Ma i marmocchi che oggi vengono tenuti buoni con banali giochini da cellulare o da tabalet, domani rischiano di essere trasformati in disadattati, tanto più, fanno notare gli esperti, che molte delle icone usate in queste applicazione sono le stesse delle macchinette per il gioco d’azzardo.

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