C’è da risparmiare? Si taglia l’acqua ai pazienti. L’Ausl di Imola stringe la cinghia e decide di farlo razionando il bene più prezioso, la risorsa vitale, quella che di solito, preoccupazioni evangeliche o meno, non si nega a nessuno: l’acqua. Dal primo febbraio infatti con il pranzo ai pazienti verrà servito mezzo litro al posto del consueto litro.
Dunque, sei in ospedale, ti senti male, fai dei brutti pensieri, vuoi tornare a casa, magari soffri la solitudine perché le visite dei parenti sono rare e… ti tolgono anche l’acqua. Qualche sorso e poi basta, alla faccia di tutti quelli che dicono (medici eh, non ciarlatani del web!) che “bisogna bere almeno due litri di acqua al giorno per mantenersi in salute”. O, forse, la regoletta non vale per chi è già messo così e così? Che facciamo, già che ci siamo lo rottamiamo per convenienza?
L’Ausl di Imola fa sapere che la decisione è stata presa “considerando che molto spesso i pazienti ricoverati non utilizzavano completamente la dotazione giornaliera” ma la giustificazione per una misura così impopolare appare debole. Non fosse altro che per la strategia di comunicazione: appunto, siamo qui a scrivere che l’Ausl taglia l’acqua. Fa un certo effetto, no? Ci manca solo il pane e poi il proverbiale detto è fatto a pezzi: neanche a pane e acqua! A questo punto viene da pensare: se mai un giorno i pazienti cominciassero a lasciare la pasta nel piatto, l’Ausl che farà? Indagherà sulla qualità dei prodotti e del servizio o eliminerà la pietanza? Un vero e proprio boomerang, insomma. E serve a poco indorare la pillola: “Per i primi mesi dall’attivazione della nuova modalità – viene precisato – i reparti saranno dotati di una fornitura extra di acqua per garantirla al bisogno a chi ne facesse richiesta”. Ma solo per i primi sei mesi, poi comincerà la Grande sete.
Da Imola rendono noto che il giro di vite era dovuto: “Anche quest’anno alle Aziende sanitarie pubbliche viene richiesto uno sforzo di riduzione della spesa corrente attraverso una revisione dei contratti per beni e servizi”, recita la comunicazione ufficiale. E’ la famigerata spending review, delicata espressione nella lingua di Jack lo Squartatore che significa che bisogna tirare la cinghia. In particolare l’Ausl si è fatta i suoi conti e prevede “una riduzione annua della spesa significativa, di circa 150mila euro”. Parallelamente un’altra misura prevede la chiusura della mensa per il personale dell’ospedale S. Maria della Scaletta “nelle giornate di festività riconosciuta: 1 e 6 gennaio, Pasqua e Pasquetta, 25 aprile, 1 maggio, 2 giugno, 13 e 15 agosto, 1 novembre, 8 dicembre, 25 e 26 dicembre. Tredici giornate in totale in cui il servizio è utilizzato da un numero molto limitato di operatori”.
Bene (per modo di dire), a questo punto ci limitiamo sommessamente ad un consiglio. Se l’Ausl di Imola vuole risparmiare 150mila euro, non lo faccia sulla pelle di chi sta peggio, i malati, ma vada a chiedere un sacrificio a chi è pagato meglio degli altri, i suoi dirigenti. Prendiamo ad esempio i dati del 2014, disponibili sul sito della stessa Ausl. I dirigenti (medici, veterinari e amministrativi) a libro paga erano 290. Facendo un rapido calcolo, con 517 eurini a testa si raggiunge quota 150mila. Un prelievo indolore con una variante significativa: se prendiamo i 23 dirigenti, sempre stando ai dati del 2014, stipendiati con oltre 100mila euro a testa si raggiunge un totale di circa 2milioni e 800 mila euro. Un bel gruzzoletto al quale basterebbe togliere poco più del 5% (niente!) e si raggiungerebbe ancora la cifra di 150mila euro. Conti troppo difficili? Su su, beviamoci un sorso d’acqua. Finché è possibile.
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Commenti:
A Mirandola, da anni ormai distribuiscono solo mezzo litro a pasto! Io non mi arrampicherei sugli specchi per questo; abbiamo tante altre cose da difendere nei nostri ospedali a cominciare dalla specialistica e dai posti letto!. Anche perchè è una moda tutta italiana quella delle bottigliette d’acqua, abbiamo ottima acqua dai nostri acquedotti……. All’ospedale nessuno muore di sete.
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