foto 1 (4)
Delia e il piccolo A.

Quando portano il loro bambino di due anni al parco giochi, è raro che qualcuno faccia domande imbarazzanti: “Perché quando c’è un piccolo di mezzo, le barriere si abbassano. E ogni punto interrogativo è di troppo”. Delia e Andrea sono la mamma e il papà di A. da un anno e mezzo. Da quando, cioè, è arrivata la chiamata del Tribunale dei minori che proponeva loro l’affidamento di un bimbo di pochi mesi.  Una telefonata che difficilmente la coppia, che vive a Ravenna, potrà dimenticare: “Era dicembre – racconta Delia – e di lì a qualche settimana, nelle nostre vite, è piombato A., che oltretutto era così piccolo, al contrario di quel che ci immaginavamo. Ci siamo organizzati in fretta e furia sia con culle e carrozzine, sia per comunicare al mio datore di lavoro che mi sarei presa il congedo parentale”.

I suoi ritmi da capire, le notti in bianco, lo svezzamento da iniziare, la burocrazia da dipanare. Ma soprattutto, un amore da far crescere dal nulla, sulla base delle poche informazioni che Delia e Andrea avevano ricevuto dalla famiglia affidataria d’emergenza che aveva accolto A. dalla nascita: “Non è stato semplice – prosegue la mamma – ma superato il primo periodo, dopo è stato tutto più semplice. Oggi A. va al nido, è socievole, allegro e riempie davvero le nostre vite”.

foto 2 (5)
A. sulle spalle di Andrea

La parte più critica è legata forse alla modalità di affidamento del bambino: “Non sappiamo ancora – racconta Andrea – se si potrà trasformare in adozione oppure no. Ma da questo ci avevano messi in guardia. Tecnicamente è un affido a rischio giuridico, nel senso che A. potrebbe fare ritorno alla sua famiglia d’origine, dal quale è stato separato quasi alla nascita e di cui non sappiamo nulla. Un rischio di cui siamo consapevoli e che abbiamo deciso di assumerci pur di fare questa esperienza”.

Un’esperienza senza dubbio dal forte impatto emotivo, alla quale Delia e Andrea si erano preparati attraverso il sostegno, una forma di affido soft limitata a qualche giorno alla settimana: “Non è semplice da spiegare quanto possa c’entrare poco il legame biologico nell’amore – aggiunge Delia -. Io ho molte colleghe mamme, il confronto con loro è quotidiano. E anche se mi sforzo di pensarci, non riesco davvero a immaginarmi un figlio più nostro di A., un amore più immenso di questo“. E lo pensano anche i nonni, compresi quelli materni, che da Napoli, dove vivono, forse non si sarebbero aspettati di innamorarsi così: “Quando andiamo a trovarli è sempre una gran festa. Al contrario che per l’adozione, nel nostro caso non hanno dovuto firmare nessuna carta. Ma non conta. Il legame che hanno con A. è lo stesso che avrebbero se fosse davvero il nostro figlio naturale”.

Motivi per cui, secondo la coppia, di affido si dovrebbe parlare di più e più spesso, visti anche i dati che non vedono brillare Ravenna in materia. E motivo per cui hanno scelto di raccontarci, spalancando le porte del cuore, la loro storia.