“Questo matrimonio non s’ha da fare”, per dirla con Manzoni. E invece, dal 3 al 7 agosto, il Senato discuterà di diritti derivanti dal matrimonio e di unioni civili, dopo la sentenza della Corte europea dei diritti umani (Cedu) che a fine luglio ha sanzionato l’Italia per la mancanza di una regolamentazione normativa per le coppie omosessuali.
Dall’ultimo censimento della popolazione, realizzato dall’Istat nel 2011, nel nostro Paese esisterebbero solo 7.500 coppie dello stesso sesso. “Si tratta di un dato evidentemente sottostimato – fa presente il senatore Pd Sergio Lo Giudice, primo firmatario del disegno di legge 15 sull’estensione del matrimonio civile a coppie omosessuali -. In Italia non c’è nessun interesse, ed anzi molti motivi a sfavore, a dichiararsi pubblicamente gay o lesbiche. Perciò il Senato ha chiesto all’Inps una stima realistica, necessaria per definire il costo della legge sulle unioni civili in discussione”. E per l’Istituto previdenziale sarebbero 30mila le coppie omosessuali che presumibilmente chiederanno nei prossimi dieci anni di accedere all’istituto ora al vaglio del Parlamento. Ma per Lo Giudice, un cursus honorum in Arcigay e nell’amministrazione locale, il dato delle coppie same sex é ancora sottostimato, a causa del radicato “pregiudizio sociale”, che crea “difficoltà a dichiararsi e a dare visibilità alle proprie relazioni”.
In effetti, deve esserci una forte resistenza culturale se i tentativi di regolamentare anche in Italia le convivenze etero ed omosessuali si susseguono invano dagli anni Ottanta. Senza mai approdare a risultati, si è parlato di Pacs, i patti di solidarietà tra conviventi, su modello francese, e di Dico, le dichiarazioni di convivenza.
“In questa legislatura sono stati depositati in Senato undici disegni di legge su coppie di fatto o unioni civili e tre sull’estensione del matrimonio civile alle coppie dello stesso sesso – argomenta l’onorevole. – Durante la discussione, iniziata già due anni fa, si è registrata la difficoltà a lavorare sull’accesso di gay e lesbiche al matrimonio, nonostante questa sia la strada percorsa da 14 paesi europei, da tutti gli Stati Usa e da tutti i grandi paesi a cultura cattolica in Europa e Sudamerica”.
Va in questa direzione il ddl proposto dalla relatrice Monica Cirinnà e approvato a marzo in commissione giustizia al Senato: “Il testo Cirinnà unifica le proposte precedenti in un atto che introduce le unioni civili fra persone dello stesso sesso, come istituto distinto dal matrimonio, che riconosce alle coppie dello stesso sesso i medesimi “diritti sociali” previsti dal matrimonio per le coppie eterosessuali”. Resta esclusa la possibilità di adottare insieme un bambino, ma si dà la possibilità a una delle due parti di adottare i figli dell’altra: “Questa possibilità – precisa Lo Giudice – è la step-child adoption, una prima risposta all’interesse dei bambini che crescono con due mamme o due papà ma a cui lo Stato nega il legame legale col secondo genitore, esonerando quest’ultimo da ogni responsabilità nei loro confronti”.
Il provvedimento all’esame dell’Aula regolamenta poi in modo molto leggero le convivenze di fatto, eterosessuali o omosessuali: chi lo vorrà potrà sposarsi (se etero) o unirsi civilmente (se lesbica o gay) . Chi non vorrà un vincolo giuridico potrà attivare una semplice convivenza, che, anticipa Lo Giudice, “vedrà comunque regolamentati i diritti già riconosciuti dalla giurisprudenza, come il subentro nel contratto d’affitto, l’assistenza in ospedale o il mantenimento del partner in stato di bisogno per un periodo di tempo” .
Ma uno stato laico non dovrebbe definire i diritti e i doveri di tutti i suoi cittadini a prescindere dal loro orientamento politico, religioso, sessuale? “Sui diritti civili in questo Paese c’è una carenza culturale – ragiona il senatore -, un’arretratezza del dibattito politico e una difficoltà storica a rappresentare quello che si muove nella società. Il testo di cui stiamo discutendo cerca di colmare almeno in parte questo ritardo”. Certo, questa legislatura sconta l’assenza di una maggioranza politica chiara in Senato e l’eccezionalità di un governo di larghe intese. “Ma la società è cambiata, e presto la politica dovrà prenderne atto. Anche la Consulta non potrà non aggiornare la sua interpretazione dell’art.29 della Costituzione sul matrimonio. Solo allora sarà stabilito anche in Italia il principio dell’uguaglianza di fronte alla legge indipendentemente dal proprio orientamento sessuale”.
In questo articolo ci sono 0 commenti
Commenta