“Don Gallo, mia figlia e la felicità che volevo”: dopo l’eroina, il riscatto di Viviana

Viviana Correddu
Viviana Correddu

Nella cameretta di Elena, la sua bambina di tre anni e mezzo, c’è la foto di Don Andrea Gallo che la battezza. Una sera, prima di andare a dormire, la piccola ha chiesto alla mamma: “Ma io, il Gallo, posso sognarlo?”. Viviana Correddu, 35 anni, si sposerà il 20 giugno con il padre di sua figlia, ex tossicodipendente come lei. E aggiungerà così un nuovo tassello alla sua “normalità speciale”. Ma il suo riscatto dall’eroina, quello che racconta nel libro “Il Gallo siamo noi” (chiarelettere), non passa dalla lista di cose che la società si aspetta da noi per considerarci “in regola”: lavoro, figli, matrimonio. La sua rivincita è il cambiamento interiore, è “come ragioni, come ti rapporti agli altri, come ti metti in discussione”. In questo senso l’utopia di Don Gallo, conosciuto nella comunità San Benedetto al Porto di Genova che aveva fondato nel 1975, è diventata un po’ la sua filosofia di vita: “L’utopia ce l’ho davanti ogni giorno, è un tendere continuo al miglioramento, anche se so che non sarò mai perfetta”.

Nel cambiamento di Viviana, che ha iniziato a farsi a 19 anni, ha avuto un ruolo fondamentale la maternità. Un desiderio che ha visto a tinte nette a un tratto del suo percorso per uscire dalla droga. E che le ha dato la spinta più forte a non dipendere più da nulla, né dall’eroina, né dagli psicofarmaci “dati come caramelle”. Viviana, in vista di una ipotetica gravidanza voleva una liberazione totale, e l’ha ottenuta: “Non giudico le scelte delle donne che hanno avuto figli pur continuando ad assumere sostanze o altro. Io parlo per me: sapevo di non voler proporre a mia figlia una vita così, di non voler diventare mamma in quelle condizioni. E quindi ho deciso di pulirmi da tutto”. Ma Viviana rifiuta l’idea che sia stato Don Gallo a salvarla: “Lui avrebbe riso davanti a un’affermazione del genere. Come spesso ripeteva, nessuno libera l’altro e nessuno libera se stesso. Ci si libera insieme”. Don Gallo, insomma, l’ha solo accompagnata e presa per mano in un percorso in cui ha intercettato tante persone, quelle incontrate in comunità con vite così diverse e allo stesso tempo così simili tra loro.

Viviana non usa toni sdolcinati nel libro. E non lo fa a voce. Nemmeno quando tenta di spiegarsi le ragioni per cui l’eroina, a un certo punto della sua vita, l’ha attratta a sé: “Con molta superficialità si potrebbe dire che ero una testa calda, una ragazza incosciente senza nient’altro da fare. Ma la vita è più complessa: ero così sofferente, tendente alla depressione e inadatta che se non avessi incontrato l’eroina, che per una serie di circostanze era a portata di mano, probabilmente avrei iniziato a bere o ad assumere psicofarmaci. Spesso non si capisce che, nelle forme di dipendenza, il malessere iniziale è simile. Solo il caso e il conteso determinano il perché le persone prendono strade diverse”.

galloOggi Viviana, che lavora come commessa e si definisce “felice”, crede molto nelle sue capacità. Che erano forse già evidenti a 27 anni, quando il nome di Don Gallo, sentito da un amico per strada, le si riaccese nella testa, come un fulmine: “Nessuno, tanto meno i miei genitori, mi ha spinta a entrare in comunità. L’ho scelto all’improvviso, quasi vomitando quella decisione, in un momento di forte disperazione in cui tutto mi era pesante e assurdo, in cui gli ostacoli che percepivo davanti a me erano insormontabili, in cui non riuscivo a immaginarmi come una donna senza prospettive, senza un lavoro, senza una famiglia, senza niente”. Una decisione arrivata probabilmente anche grazie al fatto che se avesse continuato a farsi, avrebbe perso moltissimo: “I miei genitori, mio fratello, il mio lavoro”.

Una scelta, quella di varcare le porte della comunità dove è rimasta due anni e mezzo, rivelatasi azzeccata: “Il metodo di Don Gallo parte dall’accoglienza della persona, che non viene giudicata perché fa uso di sostanze, e alla quale viene data massima fiducia. Un approccio diverso da quello utilizzato nelle comunità terapeutiche classiche. La voglia di entrare è stata così forte ed estrema che mi ha portata alla salvezza: è stato come imporsi di rimboccarsi le maniche. Sarò sempre grata a me stessa per averlo fatto”. Don Gallo, Viviana, se lo porterà dentro a vita: “Vorrei che Elena, per la quale era uno di casa, lo sentisse come un nonno che non riesce a ricordare bene perché lo ha conosciuto da piccola ma che le è entrato lo stesso nell’anima con i suoi insegnamenti e i suoi valori. La sua scomparsa è servita anche a me per raccontare a lei che cos’è la morte. Lei sa che è vecchietto e ora se ne sta sulla sua nuvoletta”. Come un papà che guarda i suoi figli da lontano, come scrive Vasco Rossi nella prefazione del libro. Un Vasco che nel libro, attraverso le citazioni tratte dai suoi brani, è un po’ ovunque. Non a caso Viviana presenterà il libro al Vasco Day in programma il 25 luglio a “La Civetta” di Monteombraro di Zocca, nel modenese.

 

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