Amore e sesso, si cresce così. Lo scrittore Missiroli: “Mi scrivono molte mamme”

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Marco Missiroli fotografato da Valentina Vasi
Marco Missiroli fotografato da Valentina Vasi

Gli scrivono molte mamme, sì. Per chiedergli se anche i loro figli adolescenti si masturbano, praticano il coito interrotto o sono complessati perché non hanno ancora avuto il primo rapporto sessuale. Marco Missiroli, lo scrittore riminese (ma il padre è di San Zaccaria, nel Ravennate) di “Atti osceni in luogo privato” (Feltrinelli), un libro che sta scalando le classifiche, sa di aver tolto molti veli, sfondato molti muri. Il suo ultimo romanzo gli è nato tra le mani in 21 giorni, quelli durante i quali, dopo la folgorazione, ha scritto lo scheletro. Per poi lavorarci sopra per altri due anni.
Il libro inizia con Libero, il protagonista, che scopre come sua madre tradisca suo padre con l’amico di famiglia. Libero è piccolo, ha solo dodici anni. In quel momento la scena di una fellatio è uno choc. Che cosa gli consentirà, nel tempo, di “redimere” la mamma?
“Il trauma iniziale, grazie al quale Libero inizierà la propria formazione sentimentale e sessuale. Sarà proprio sua madre a dargli il via. Con il tempo Libero rivedrà quella scena con occhi molto diversi”.
Tu racconti una vita – quella di Libero – tenendo come colonna vertebrale della storia la sua crescita affettiva e sessuale. Ci si accorge, in sostanza, che lo sviluppo di ognuno di noi è segnato dalle persone che amiamo, con cui facciamo l’amore, con cui abbiamo anche solo esperienze fisiche. Da cosa nasce questa voglia di svelare quel binario che ci accompagna inesorabile ma che di fatto di rado è raccontato?
“Mi piaceva l’idea di andare oltre il blocco culturale, di affrontare un tema sul quale ci sono ancora parecchi pudori. Certe cose sembra che finché non le dici non le fai. Non è un libro sul sesso, è un libro sulla crescita sentimentale. C’è una base viscerale dal quale è nato, una velocità che è la stessa, forse, con la quale si legge. Ma non è capito da tutti: mi hanno criticato la copertina, per esempio. E alcuni dei lettori abituati ai miei romanzi precedenti, molto più educati, si sono trovati spiazzati”.
Si parla tanto di sesso ma non si scade mai nel volgare. C’è una tenerezza di fondo nel libro che non viene mai meno: è stato difficile usare un linguaggio che mantenesse sempre viva la poesia, anche quando si scende nel dettaglio?
“Non è stato semplice. Mentre scrivevo, più volte mi sono domandato se fosse il caso di usare parole più crude, anche parolacce. Ma poi mi sono detto che era già troppo incandescente la materia. Il rischio di tenere un linguaggio garbato era quello di sembrare finto. Ma ho scelto di correrlo”.
L’adolescenza, con i suoi tormenti, è centrale in “Atti osceni”: si guarda a Libero quasi con pena quando non riesce a soddisfare la voglia di fare la sua prima esperienza sessuale. Si pensa sempre ai ragazzini come degli scapestrati senza senno. Qui, invece, si restituisce loro una profondità d’animo evidente. C’era la voglia di scavare nelle loro contraddizioni, nel loro scalpitare?
“Non c’era un intento consapevole ma forse un’esigenza inconscia sì. Ho vissuto in prima persona un’adolescenza difficile che forse ha contribuito. C’era anche una grandissima curiosità, da parte mia, di raccontare quei mondi interiori, pur senza l’intenzione di pubblicare un romanzo che parlasse in maniera diretta di adolescenza”.
Il libro si apre con una citazione di Calvino: “Alla fine uno si sente incompleto ed è soltanto giovane”. Quanto l’amore e il sesso servono a giungere a quella completezza che da piccoli può diventare turbamento, disagio?
“Totalmente. In quel periodo in cui ci si sente sospesi, senza un’identità precisa, amore e sesso contano moltissimo. Ma non viene mai detto, come se si trattasse di una fase della vita nascosta, recondita. Ecco perché mi scrivono le mamme, curiose di capire i meccanismi che vivono i loro figli. ‘Ma anche il mio secondo te si comporta così?’, mi domandano spesso”.
Sei consapevole di aver scritto un libro che mancava?
“Sono molto contento di come sta andando il libro ma mentre lo scrivevo non mi rendevo affatto conto di quanto potesse piacere o interessare. Avevo solo una gran paura, forse infondata: che potesse essere associato a ‘Cinquanta sfumature di grigio’. Ora la paura è svanita. ‘Atti osceni’ continua a perseguitarmi ma è qualcosa di positivo, che non può che farmi bene”.

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