La speranza tra le incubatrici: a Rimini nasce “La prima coccola”

NeonatoTanta paura. Incertezza. Tanti silenzi da colmare. Una pacca sulla spalla. Una storia da condividere. A Rimini sette genitori che, con i loro bambini, sono passati dalle stanze della Terapia Intensiva Neonatale, hanno dato vita all’associazione “La prima coccola”: domenica pomeriggio e lunedì pomeriggio, in occasione della Giornata Mondiale del prematuro, saranno sotto l’Arco di Augusto, già da oggi illuminato di viola, per presentarsi alla città e raccogliere fondi. E ci sarà anche la presidente Valentina Rossi, una mamma che ha vissuto sulla sua pelle due esperienze scottanti, di cui oggi ha fatto tesoro per aiutare i genitori costretti ad attraversare incubatrici e attese.
Valentina, di che cosa hanno bisogno le mamme e i papà che devono soggiornare in Tin?
“Di essere messi al corrente di quello che sta succedendo al proprio bambino, prima di tutto. Ricordo che quando era ricoverata mia figlia, che adesso ha due anni e mezzo e che è nata alla 29esima settimana di gravidanza, io e mio marito non avevamo il coraggio di chiedere nulla ai medici, per paura. Invece, poi, ci suggerirono di chiedere, di telefonare, di informarci di continuo. Il rapporto con gli operatori, dottori o infermieri che siano, è fondamentale”.
Che cosa farete, come associazione, all’interno di un reparto già molto rinomato come la Tin dell’ospedale “Infermi”?
“Il reparto è molto avanzato, si praticano la metodologia Nidcap e la marsupioterapia, l’apertura è garantita 24 ore su 24. Noi vogliamo dare supporto allo staff e alle famiglie, alcuni di noi hanno dato disponibilità per la presenza fisica. Vogliamo capire quello di cui hanno bisogno i genitori dei bimbi già ricoverati e di quelli che verranno. Le esigenze sono le più varie: c’è chi vuole più privacy, chi ha invece necessità di parlare e sfogarsi. Il nostro obiettivo è rendere il soggiorno in Tin il più umano e leggero possibile. Senza contare le raccolte fondi che lanceremo per corsi e macchinari”.
prima coccolaCome si fa a trasformare il dolore vissuto in un aiuto agli altri?
“Grazie al calore ricevuto. Io, un anno prima di avere mia figlia, avevo partorito un bimbo al quinto mese, che purtroppo non ce l’ha fatta. Non è riuscito nemmeno a passare dalla Tin ma i medici e gli operatori, per tutto il mese successivo, durante il quale sono rimasta ricoverata, non hanno mai smesso di venire a trovarmi, di confortarmi. E l’anno dopo, quando è nata mia figlia, che pesava un chilo e cento ma fortunatamente non è mai stata intubata, ho ritrovato quella sensibilità, quel conforto. Atteggiamenti tutti da restituire a chi purtroppo deve vivere la stessa esperienza: in Tin si resta a lungo, a volte. Al momento, a Rimini, un bimbo è ricoverato da otto mesi”.
Quanto è importante, tra genitori, parlare la stessa lingua?
“Moltissimo, perché è terapeutico. Noi genitori abbiamo realizzato un piccolo libro dal titolo ‘Diario di viaggio’. Lo presenteremo anche domenica, alle 16 e 30, nell’aula G del padiglione di via Ovidio. Il libro si apre con una poesia scritta da un operatore della Tin, raccoglie alcune testimonianze delle famiglie e termina con alcune pagine vuote. L’idea è di lasciarne una copia vicino ad ogni incubatrice. Le famiglie che lo vorranno potranno scrivere la loro, di storia”.
Per maggiori informazioni consultare il sito dell’associazione cliccando qui o la pagina Facebook cliccando qui

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Commenti:

  1. Ho visto che avete creato una nuova associazione . Vi auguro un lungo cammino, mi chiamo Franco ed avevo fondato la Colibri’ . Avrei il piacere di incontrarvi saluti

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