“Un disastro se non si torna a fare figli”. Grazie ministro ma con quali soldi?

“Il crollo demografico e la mancanza del tasso di sostituzione in Italia è un vulcano che sta per esplodere e sappiamo anche quando: per il nostro paese e per il nostro welfare è rischioso come la crisi economica. Se non si ritorna fare bambini è un disastro”. Parole sante, quelle del ministro della Salute Beatrice Lorenzin. Come darle torto, altrove si fanno figli, e pure tanti. Qui se ne fanno pochi e sempre più tardi.

Il ministro rincara anche la dose: “Un paese che non garantisce un tasso di sostituzione è un paese morto. Se non nasceranno bambini in Italia non sappiamo chi pagherà le nostre pensioni né come pagheremo l’assistenza sanitaria universalistica. Non è solo un problema economico ma anche culturale: bisogna capire che fare figli è un dovere sociale e una cosa normale”.

E qui poi ti salta la catena. Perché, caro ministro, fare figli vuol dire pure poterli mantenere, o ci sta dicendo che se mettiamo al mondo bambini poi ce li mantiene lo Stato? No, perché, in questo caso le cose cambiano, ci mettiamo tutti un po’ più sull’attenti. Anche a me sarebbe piaciuto fare il terzo e pure il quarto figlio ma già mi basta la doppia preoccupazione di che cosa aspettarmi per i due che ho già messo al mondo. Perché non c’è bisogno di dare la colpa ai figli, ministro. Le nostre pensioni sono già andate in fumo. E qui il problema non è arrivare a prendere la pensione, che per quella grazie a Dio c’è tempo. Ma arrivare alla fine del mese.

Le voglio solo fare un esempio di quello che serve per un figlio al primo giorno di scuola elementare:

10 quadernoni: uno con la copertina rossa, uno con quella blu, uno con quella gialla, uno arancione, uno verde, tre con copertina trasparente, gli altri vanno in panchina ma tutti etichettati con nome e cognome. Poi ci vuole il quadernino, una scatola di numeri in colore etichettata, una scatola di blocchi logici, un album da disegno, un raccoglitore ad anelli, una confezione di salvabuchi, un astuccio. E la cartella, gliela vuoi prendere? E il grembiule? E lo vorrai mandare a scuola nudo? Quindi vai di vestiti, scarpe, giacche, maglioni e quant’altro. 

Il bambino avrà in media una ventina di compagni di classe che compiranno gli anni una volta a testa e per lo meno la metà di essi farà una festa di compleanno. Noi abbiamo sposato la linea del ‘regalino’, utile e poco costoso. Ma qualcosa gliela dovrai portare o lo tieni a casa e lo escludi da tutte le feste per risparmiare? E lo sport? Anche quello, non te lo regala mica lo Stato che a scuola non ci sono nemmeno palestre attrezzate. Lascio perdere Natale, la Befana, Pasqua e compagnia bella. Moltiplichi pure tutto per due, che per non lasciarlo solo aggiungi pure il fratellino o la sorellina. E mettici anche che per arrivare a pagargli tutta quella roba alle scuole elementari, dovrai continuare a lavorare e mandarlo all’asilo. E anche lì, non è mica come la racconta il ministro Renzi, con mille asili in mille giorni non si risolve un beneamato, che lo dicono le statistiche come stanno le cose oggi in Italia: calano gli iscritti ai nidi perché i genitori non si possono permettere le rette. E sempre più mamme restano a casa dal lavoro.

Insomma, caro ministro, tutto questo giro di parole per dirle che lei si sta preoccupando di come pagheremo i mobili per arredare le case quando non ci sono i soldi per pagare la manovalanza, quella che le case le deve costruire. 

Un po’ come sentire la canzone, c’era una casa molto carina, senza soffitto senza cucina… 

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