Lettera di una maestra ai suoi alunni autistici: “Combatterò per voi ogni giorno”

scuola, studenti in classe“La classe non sarebbe la stessa senza di voi. Ci sarebbe un vuoto. Troppo silenzio”: sorprende che queste parole, scritte da una maestra delle elementari, siano rivolte non ai suoi alunni migliori, non al primo e al secondo della classe, né ai più diligenti e disciplinati: sono indirizzate invece ai suoi alunni autistici, a quelli che, nella maggior parte delle scuole, sono considerati “problematici”, difficili da gestire, a volte impossibili. Non è così per Sheila, una giovane insegnante americana, autrice di un blog tutto dedicato al suo lavoro, che in uno degli ultimi post ha pubblicato una lettera al suo “caro ragazzo con autismo”. Una lettera che, nel giorno in cui in molte città d’Italia sta per suonare l’ultima campanella dell’anno, assume un significato particolare: uno sguardo diverso, un approccio nuovo a quella disabilità che spesso, nonostante l’intenso lavoro fatto in Italia per l’integrazione scolastica, viene affrontata come un nodo problematico più che come una risorse educativa. Una lettera che, nella sua traboccante positività, può sembrare a tratti ingenua, ideologica forse, ma che contiene sicuramente delle tracce utili, un obiettivo a cui tendere, un traguardo da inseguire. Insettopia, la community fondata da Gianluca Nicoletti che osserva, segnala e raccoglie informazioni, storie e stimoli sull’autismo, ha tradotto e rilanciato questa lettera.

“Caro bambino autistico, illumini tutte le mie giornate – esordisce Sheila –  Forse non lo sai, ma ogni giorno non vedo l’ora di andare a scuola per merito tuo. So che la scuola è difficile. Ogni giorno vedo la preoccupazione sui vostri volti. La scuola va avanti velocemente. I cambiamenti quotidiani vi mandano fuori strada. Vi preoccupate. Di voi stessi. Piangete perché non avete amici. Nessuno vi invita alla sua festa. Vi preoccupate del tempo. Se c’è una carestia, gli animali soffrono? Queste cose vi ossessionano”. I ragazzi autistici, si dice spesso, a scuola disturbano, con i loro comportamenti difficili da contenere. Eppure, Sheila assicura: “Non mi importa nemmeno che gridiate. Mi metto nei vostri panni. Le idee esplodono fino alla superficie e non riuscite più a contenerle. Sono paziente e sorrido. Ci lavoreremo. Almeno avete interesse. Almeno partecipate. Almeno rischiate”.

C’è poi la questione del “talento” e della saggezza dei ragazzi autistici: quasi uno un luogo comune, una generalizzazione priva di fondamento, da accogliere quindi con prudenza e razionalità, ma che può aiutare gli insegnanti a guardare con più fiducia ai propri studenti autistici: “Avete più talento e saggezza dei vostri coetanei – scrive Sheila – Non credo ve ne accorgiate. Questo è il mio lavoro. Avete entusiasmo per la scienza, i giochi di parole nella poesia e le creature mitologiche. Non ho bisogno di insegnarvi la creatività e la passione. Le avete già. Ed ecco che sorrido ancora. Vedete il mondo in modo diverso da tutti gli altri. Avete il potere di tuffarvi talmente nei vostri interessi che il resto del mondo scompare”.

L’atteggiamento della maestra diventa naturalmente modello per tutti gli alunni, che iniziano a guardare quegli “strani”compagni con occhi diversi: “Durante la giornata gli studenti vedono quanto siete speciali per me. Mostro come si può trattarvi con rispetto e dignità. Mostro come parlarvi e apprezzarvi. I vostri compagni osservano e seguono il mio esempio. La classe non sarebbe la stessa senza di voi. Ci sarebbe un vuoto. Troppo silenzio. Abbiamo bisogno di voi. Vedo che i vostri compagni vi cercano. Vedo che vi proteggono sempre di più. Siamo uniti e siamo una squadra. Noi vi guardiamo le spalle”.

Inutile nascondere, però, che esistano momenti difficili: “Ci sono giorni in cui le lacrime scorrono sul vostro volto. Quando cercate di essere forti. Quando non riuscite ad interagire con gli altri. Piccoli gesti che diamo per scontati per voi sono delle mine. Fate un respiro profondo. Vi ascolto e vi aiuto a farvi strada tra la confusione. Cerco di fornirvi i consigli giusti così in futuro un incontro con un vostro coetaneo potrà risultarvi più semplice. Grazie per la vostra onestà – conclude Sheila – Il vostro essere diretti. Grazie perché colorate le nostre giornate. Grazie per far parte della mia classe. Vi voglio così bene. Mi aiutate a diventare un’insegnante migliore e più paziente. Mi stimolate a sviluppare metodi innovativi per venire incontro alle vostre esigenze. Mi fate sorridere. Ma non riesco a tenermelo dentro. Ma fate talmente sorridere che il riso diventa una risata talmente forte da risuonare per tutta la classe e riempire di gioia i cuori di tutti gli altri studenti. La mia missione di ogni giorno è di farvi sorridere. Voi affrontate la vita con serietà. A volte faccio suoni sciocchi e facce divertenti solo perché mi vediate. Se sono fortunata, per un istante, vedo un luccichio nei vostri occhi. Forse c’è stata una connessione. Sono la vostra maestra e combatterò per voi ogni giorno. Vi vedo. Grazie per essere chi siete”.

Fonte: Redattore sociale

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