“Un verme dentro casa, un uomo impeccabile fuori”: storia di una violenza

violenza donne“Mamma, tu non capisci niente”. Zoe, quattro anni, si rivolgeva così ad Adele, sua madre, ma poi aveva paura di andare all’asilo, non voleva lasciarla sola con quell’uomo violento. Quell’uomo violento era suo padre.

La storia di Adele e Zoe (i nomi sono di fantasia) è una storia vera, fatta di violenza sia fisica che psicologica e di ingiustizia che comincia nel 1984 quando Adele sposa Marco (altro nome inventato) e per lui rinuncia prima al lavoro e poi alla sua città per seguirlo nei suoi spostamenti. “Lavoravo in ospedale– racconta Adele – e io per lui ho abbandonato il mio posto fisso, volevo accompagnarlo nelle sue trasferte professionali del fine settimana”. A un certo punto da Rimini, città nella quale Adele riusciva comunque a lavorare almeno part time esercitando la libera professione nel campo della salute e il benessere, si trasferiscono a Forlì, la terra natale del marito. “Improvvisamente è tutto peggiorato, ha cominciato a diventare sempre più violento, non sopportava un no, una mia replica. A casa sua, dai suoi genitori, era sempre stato considerato un Dio, nessuno lo contraddiceva mai e lo stesso trattamento esigeva da me”.

Adele è una donna tranquilla, cresciuta in una famiglia normale con due genitori amorevoli. “Non riuscivo a credere a quello che mi stava accadendo”. Ed è così che sopporta anni di tradimenti e di violenza, aveva paura di perdere sua figlia. “Quelli erano anni in cui le donne non erano tutelate in fatto di violenza, o almeno anche se queste cose capitavano, se ne parlava poco. Avevo paura che mi portasse via la bambina”.

Nel frattempo Adele comincia a soffrire di attacchi di panico. “Ero tranquilla quando lui stava fuori per qualche giorno, ma poi quando tornava, ricominciava tutto. Non è mai stato particolarmente violento ma pugni e calci me ne ha dati e anche davanti a Zoe”.

Zoe cresce con una madre affettuosa e un padre violento, impara da lui a trattarla male ma al tempo stesso la protegge e si preoccupa per lei. “A un certo punto non ce l’ho fatta più, ho capito che quel male che stava facendo alla mia piccola e a me era davvero tanto e avrebbe avuto delle conseguenze per tutta la vita se non avessi reagito e non lo avessi fermato”.

Ed è così che Adele chiede aiuto alla sua famiglia di origine che la ospita e soprattutto la tira fuori da quella situazione. “Mio padre lo chiamava ‘il verme’ perché mio marito era impeccabile davanti agli altri, ma diventava un mostro appena chiudevamo la porta di casa”.

Ora Adele è una donna felice è ha recuperato il rispetto per se stessa e ha un ottimo rapporto con Zoe. “Ho fatto molti anni di psicoterapia che mi hanno spinto a riconquistare sicurezza e dignità come donna e come madre”.

Zoe ormai è grande, è una ventiduenne che gira il mondo e che sta cercando di crearsi un suo futuro. “Ho sempre raccontato la verità a mia figlia. Abbiamo instaurato un rapporto di onestà e di fiducia. Con suo padre Zoe invece ha sempre avuto una relazione complicata, lui la amava ma di un amore morboso ‘ti amo’ le diceva quando era più piccola. Al momento si sentono poco, lui vorrebbe decidere per lei, ma mia figlia è forte e con lei non ci è mai riuscito”.

Dalla violenza se ne può e se ne deve uscire. Parlarne, chiedere aiuto è un atto di coraggio e non c’è niente di cui vergognarsi. In quel periodo le mamme dei compagni di scuola di Zoe che avevo conosciuto a Rimini, mi hanno sostenuto molto. Invito tutte le donne che hanno vissuto o stanno vivendo una situazione come quella che ho subito io, di uscire dall’angolo e di chiedere aiuto”.

 

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