I bulli? Bye bye. Da Nord a Sud l’impegno di Frame

bullismo, bimbo, solitudinePrima a Bologna, poi a Modena, Prato, Salerno. A breve anche a Firenze. In settembre a Roma. E si spera anche a Milano e Caltanissetta. Per contrastare il bullismo, omofobico soprattutto, un gruppo di esperti sta percorrendo l’Italia in lungo e in largo. Il progetto si chiama “Bye bye bulli” e a realizzarlo è l’associazione Frame, di cui fa parte anche Alessandro Loforte. A nemmeno un mese dalla fine del secondo anno scolastico di implementazione del progetto, l’ambizione è tanta. Forse molta di più rispetto all’inizio.
Alessandro, “Bye bye bulli”, nelle intenzioni, sarebbe dovuto durare un anno. E poi, che cosa è successo?
“Ci siamo resi conto che il riscontro era positivo, che ci ringraziavano. E così ci siamo convinti della necessità di dover continuare. Ora lo pensiamo come progetto potenzialmente infinito”.
Qual è il vuoto che cercate di colmare?
“Un vuoto enorme che va ben oltre il bullismo in sé o la tematica dell’omosessualità. La scuola come istituzione è carente su tutto il fronte dell’emotività dei ragazzi, lasciati completamente a se stessi. Molti di loro con noi si lasciano andare e si confidano. Non necessariamente sui temi che trattiamo”.
Di recente la cronaca ha riportato notizie su polveroni scoppiati intorno a letture considerate poco adatte ai ragazzi. Nessuna polemica sul vostro lavoro?
“Siamo stati molto fortunati. L’unico muro è stata la chiusura iniziale di alcune scuole che non ci rispondevano, prendevano tempo o inventavano scuse. Ma quelle che ci hanno accolti, lo hanno fatto a pieno. Dopo l’ultimo laboratorio che abbiamo organizzato il responsabile dei genitori ci ha ringraziati per l’impegno”.
In che maniera intervenite?
“Con laboratori pensati per i ragazzi da 13 a 19 anni e con incontri per gli adulti: insegnanti, personale scolastico, genitori. Coinvolgere i grandi è fondamentali: il nostro lavoro fa da apripista ma poi i ragazzi non ci vedono più e i loro punti di riferimenti restano gli adulti di sempre”.
Bando a lavagne e cattedre: qual è il vostro metodo di lavoro?
“Giochi, per lo più. Ci mettiamo seduti in cerchio con i ragazzi e lavoriamo su due macrotemi. Il primo riguarda gli stereotipi e i pregiudizi, il secondo il bullismo e in particolare il bullismo omofobico. Quando si inizia a parlare di maschi e femmine, di ruoli, gli studenti si infiammano, discutono. A noi interessa questo: tirare fuori i loro pensieri, ragionare insieme a loro. Abbiamo notato una grande voglia di sapere, di confronto: il problema è che spesso non hanno nessuno con cui parlare”.
Nessuno ostacolo?
“La parte più difficile riguarda il linguaggio: fare capire che l’uso di termini offensivi legati all’orientamento sessuale può avere ricadute pesanti sul vissuto delle persone non è semplice. I ragazzi faticano a collegare il linguaggio al bullismo”.
Tutto il mondo è paese? O avete notato differenze territoriali?
“Ci aspettavamo una maggiore chiusura al Sud ma ci siamo dovuti ricredere. Più della geografia, conta la dimensione dei comuni. Nelle piccole realtà abbiamo registrato una apertura minore rispetto alle città grandi, indipendentemente dalla posizione geografica”.

A questo link il sito di Bye Bye Bulli
Per informazioni info@byebyebulli.it

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