Conciliazione, che impresa: “Molte donne non rifarebbero i figli”


L’impresa di conciliare famiglie e lavoro è nota a molte di noi. Ma ci siamo davvero chieste perché è così difficile? Ne ha parlato ieri alla sala KojaK di Porto Fuori Anna Salfi, responsabile delle politiche di genere per la segreteria della Cgil Emilia-Romagna. Insieme a lei, per l’incontro “Parliamo di Conciliazione dei tempi delle donne” anche l’assessore alle Pari Opportunità del Comune di Ravenna Rosa Giovanna Piaia.
Che cosa vuole dire “conciliare” per le donne moderne?
“Parliamo di un’arte difficilissima, quella di mettere insieme il tempo da dedicare alle attività professionali e quello che riguarda la propria vita privata e familiare. Quando ci si riesce, ne traggono benefici tutti”.
Qual è la situazione specifica dell’Emilia-Romagna?
“La nostra regione ha tre caratteristiche che la differenziano dalle altre regioni, soprattutto da quelle meridionali: l’allungamento della vita, il fenomeno migratorio e un sistema di welfare di tutto rispetto. Un esempio? Le donne possono usufruire del supporto dei nonni per la gestione dei figli, salvo trovarsi qualche anno dopo a doversi occupare di quegli stessi anziani. Conciliare, quindi, significa tenere presenti i veloci cambiamenti a cui la società va incontro”.
Una società che secondo lei è pronta ad assecondare le esigenze femminili?
“L’estate scorsa ho fatto diverse interviste a giovani donne, dalle quali è emerso che molte di loro, a causa della difficoltà di conciliare i vari ambiti della propria vita, se tornassero indietro non rifarebbero figli. Un dato importante che ci dovrebbe fare molto riflettere”.
Sono cambiate anche le relazioni tra uomini e donne?
“Credo che le relazioni tra i sessi siano fortemente in crisi a causa della precarietà e dei modelli che cambiano. In realtà gli uomini e le donne di oggi non si interrogano abbastanza su come sono cambiati i ruoli e i riferimenti culturali e sociali. In generale tutti dovremmo chiederci che cosa è cambiato, che cosa sta cambiando non concentrandoci solo sui fattori economici, bensì anche sulle dinamiche sociali, ben più difficili da declinare”.

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