Il 90% degli intervistati pensa che la gravidanza e la maternità non possano incidere negativamente sulle capacità produttive della lavoratrice, “quindi non fanno paura”: è quanto emerge dai dati – per ora parziali –
della ricerca “L’impatto della gravidanza e della maternità sulle donne lavoratrici dipendenti, sui colleghi di lavoro e sulle organizzazioni di appartenenza” curata dall’Università La Sapienza di Roma.
I ricercatori hanno somministrato un questionario a un campione di oltre 3.700 persone, dipendenti presso grandi aziende. Sono state raccolte finora le risposte di 678 persone in 16 ore lavorative, di cui 364 uomini (pari al 54%, di cui 291 – l’81% – con figli) e 314 donne, di cui 245 con figli (217 delle quali hanno lavorato durante la gravidanza.
Finora è emerso che il 78% degli intervistati ritiene che la maternità limiti “abbastanza” o “molto” le opportunità di carriera di una donna (per il 20%, “poco” o “per niente”): ne sono certe soprattutto le persone con meno di 46 anni. Il 49% pensa che non sia possibile conciliare carriera e maternità quando il contesto è molto competitivo. Ma non si rinuncia in partenza alla maternità per fare carriera (97%). Semmai, la maternità viene posticipata in favore della carriera (35%).
Le donne incinte, invece, subiscono discriminazioni al lavoro? Secondo la metà del campione, sì. Il diretto superiore ha reagito con “indifferenza” nel 39% dei casi alla notizia di una gravidanza e il 6% con ostilità. I superiori, prima del congedo di maternità di cinque mesi, non hanno coinvolto la lavoratrice sulle decisioni relative alla sua posizione in azienda in sua assenza (nel 49% dei casi). E nel 34% dei casi è stata negata l’assegnazione di alcuni compiti proprio mentre la lavoratrice era incinta.
Eppure i casi illuminanti esistono. Nel 2012 “Yahoo!” ha assunto Marissa Mayer al sesto mese di gravidanza, come amministratore delegato negli Stati Uniti.
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