Farmaco per la nausea gravidica causava malformazioni: le mamme chiedono i danni

E’ così da sempre. La tutela della salute arriva in ritardo rispetto al profitto. Anche se si tratta di bambini. Il primo caso arriva dalla Spagna e si tratta dell’ennesimo lo strascico dei disastri provocati dal famigerato talidomide, farmaco prescritto fino al 1961 per alleviare la nausea alle donne incinta. Purtroppo, a causa dell’assunzione di questo medicinale, migliaia di bambini in tutto il mondo sono nati focomelici, con gravissime malformazioni a braccia e gambe cioè. Adesso in Spagna 200 di queste persone rovinate dall’industria chimica hanno deciso di fare causa al produttore, la casa farmaceutica tedesca Grünenthal, chiedendo un risarcimento di 204 milioni di euro dopo averne rifiutato uno di 120. La cifra del risarcimento è stata calcolata moltiplicando 20mila euro per la percentuale di disabilità di ognuna delle persone che hanno fatto causa.

Dal canto suo Gruenenthal si è scusata con le vittime a fine 2012 e inaugurando simbolicamente a Stolberg – la città tedesca sede dell’azienda – una statua di un bambino senza arti: “Vi chiediamo di considerare il nostro lungo silenzio come un segno dello shock che la vostra sorte ci ha provocato”, ha detto l’amministratore delegato. Le prime parole dopo 50 anni.

Chissà quanto invece dovremo aspettare affinché sia fatta chiarezza sul bisfenolo A, composto chimico presente in molti contenitori per cibo in plastica e latta. Una nuova ricerca americana dimostra che alti livelli di questa sostanza aumentano i rischi di interruzione di gravidanza (e mica di poco: dell’80%) e, in generale, compromettere la fertilità. Del bisfenolo A (conosciuto anche come Bpa) ogni anno ne vengono prodotti circa tre milioni di tonnellate in tutto il mondo. Si trova un po’ ovunque: dai rivestimenti in resina che ricoprono i barattoli di conserva o le lattine per bibite. Ma anche banalmente nei cibi preconfezionati o nelle bottiglie di plastica (occhio soprattutto a quelle lasciate sotto il sole). Il fatto è che, come riconoscono gli stessi produttori, piccole parti della sostanza possono staccarsi dalla plastica e penetrare nel cibo con il quale è a contatto. Fino al 2011 anche i biberon contenevano il bisfenolo A, poi in Europa ne è stata bloccata la vendita a causa della tossicità. Troppo tardi anche in questo caso? E con le mamme incinta come la mettiamo?

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