Primo raduno nazionale dei figli adottivi adulti: per capire come aiutare meglio i bambini

Non ci saranno psicologi, né operatori sociali. E non ci saranno nemmeno i loro genitori. Al primo meeting nazionale dei figli adottivi adulti (maggiorenni) parteciperanno solo, appunto, i figli. Un esperimento innovativo voluto dal Ciai e che si terrà sabato 22 giugno a Bologna (sala A conferenze, viale della Fiera 8) a partire dalle 9. A raccontarcelo è Paola Crestani, presidente del Ciai.
Da dieci anni sono attivi a Milano due gruppi di adulti adottivi che si incontrano con regolarità. Come mai l’idea del raduno?
“Perché vogliamo un coinvolgimento nazionale affinché gli adulti adottivi possano confrontarsi sulle loro esperienze, cosa che nella vita quotidiana è molto difficile fare. Vorremo da loro dei suggerimenti su quali servizi mancano, affinché si possano soddisfare meglio le esigenze dei bambini che vengono adottati”.
Avete già un sentore dei vuoti da colmare?
“Sappiamo quasi per certo che sia le famiglie adottive che i figli adottivi hanno necessità di sentirsi accompagnati e supportati lungo tutto il percorso, di avere dei punti di riferimento anche per fatti apparentemente banali, come l’andare male a scuola”.
C’è anche il problema della scoperta delle proprie origini?
“Sì, immancabilmente. Tanto è vero che stiamo organizzando viaggi di ritorno nei paesi di provenienza. Secondo noi è qualcosa da promuovere, anche per far superare ai genitori adottivi le perplessità e i timori che dimostrano davanti alla volontà del figlio di sapere da dove è venuto. Un desiderio, questo, quanto mai normale”.
La condizione di adottato, quindi, non scompare mai?
“No, però non è un peso, è un modo di essere che uno in genere si porta dietro per tutta la vita”.
A Bologna quante persone arriveranno?
“Siamo arrivati a sessanta adesioni, speriamo di raggiungerne cento. Arriverà qualcuno anche dall’estero, anche se adottato in Italia”.
Come li avete reclutati?
“Un po’ tramite le famiglie che hanno adottato attraverso il Ciai, poi attraverso altre associazioni e Tribunali per i minori. Abbiamo fatto rete e la risposta è arrivata”.
Che cosa ne farete, dei suggerimenti raccolti?
“Di certo realizzeremo un documento, non vogliamo che quello che emergerà si perda nell’aria. Ci piacerebbe anche un secondo momento di confronto dei risultati con qualche figura istituzionale”.
Anche se le adozioni, in Italia, sono in calo…
“Nell’ultimo anno siamo passati da 4mila a 3.200 adozioni internazionali. Ci sono sempre meno segnalazioni da parte dei Paesi. E quelle che arrivano, riguardano sempre più spesso bambini con problemi di salute o con storie molto pesanti alle spalle. Fatti che inevitabilmente mettono un freno”.
Di adozioni nazionali, invece, perché se ne fanno molte meno?
“Siamo intorno alle 1.200. La disponibilità delle famiglie è molto maggiore del bisogno. E così la tipologia di bambino adottato si sta molto livellando, uniformando”.

Il programma completo è qui

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