Videogiochi, televisione, social network. Tutto ciò che nella mentalità popolare può sembrare anti-pedagogico, in realtà andrebbe preso con le molle. Lo sa bene Alessandra Falconi, direttrice del centro di educazione ai media Zaffiria di Bellaria, una delle poche esperienze istituzionali in Italia dedicate proprio alla cosiddetta media education. Il 10 e 11 gennaio Zaffiria ospiterà Medi@tando, un convegno nazionale che richiamerà esperti da tutta Italia.
Alessandra, della relazione media-bambini si pensa sempre male. E’ sbagliato?
“Noi che lavoriamo sul tema, vediamo gli aspetti sia positivi che negativi. Quello che bisognerebbe capire è che lo stesso strumento può essere utilizzato in maniera diversa, non è mai neutrale. Ed è sulla responsabilità dell’adulto, soprattutto, che dovrebbe essere focalizzata l’attenzione”.
Quindi possiamo rivalutare anche i videogiochi?
“Certo. Ne esistono di violenti che inducono al razzismo, piuttosto che all’anoressia: su questi bisognerebbe avere un occhio di riguardo. Altri, invece, sono innocui. Dobbiamo pensare sempre a ciò che ci ha insegnato il libro in passato: alcuni libri sono validi, altri veicolano opinioni criticabili. Lo stesso avviene con i media”.
Che valore aggiunto potrebbero avere i media a livello formativo?
“Pensiamo ai musei, che si stanno interrogando su come intercettare le pratiche mediali dei ragazzi per non essere più solo delle strutture di conservazione ma dei luoghi di apprendimento per tutta la vita”.
Ci sono già dei dati certi sull’efficacia dei media sull’educazione?
“Ci sono poche esperienze in Italia. In ogni caso, è tutto in fase sperimentale. Sono appena tornata da Parigi: anche istituzioni culturali molto importanti, come il Pompidou, hanno toccato con mano come sia difficile coinvolgere i giovani con i social netwok. Amano infatti scambiare tra loro ma meno con le istituzioni. Gli adolescenti, al massimo, mettono un ‘mi piace’ sotto una fotografia. Per il resto, sono più interessati a scambiarsi immagini e commenti tra di loro. Così, stanno ripensando quello spazio, con l’idea di lasciare fuori la tecnologia”.
E la scuola 2.0, a che punto è?
“Indietro. La carta di Bellaria, nel 2002, ha raccolto trenta anni di esperienze sulla media education in giro per l’Italia. Ma se pensiamo che ai nostri convegni partecipano circa 200 persone, capiamo che rispetto al mondo della scuola e dell’extrascuola, stiamo parlando di niente”.
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Commenti:
Appello perché bimbi e bimbe fino a 8 anni
siano liberi da schermi e computer nella scuola
Che ne dici di quest’articolo su La Repubblica?
http://www.repubblica.it/scuola/2012/12/04/news/appello_perch_bambine_e_bambini_dai_3_agli_8_anni_siano_liberi_da_schermi_e_computer_nella_scuola_-48057286/
Lo avevo letto. Obiettivamente non sono d’accordo. Ma sapere quanti soldi risparmierebbero le famiglie se i libri fossero scaricati su tablet come già avviene in qualche Paese? Questo è il futuro.
Io sono una persona tradizionale che viene dalle classiche famiglie all’antica…. penso che i genitori debbano insegnare hai propri figli cio che ora ci circonda con il bene e’ il male che c’e’ , cioe non possiamo tenere i nostri figli lontani dai pericoli piu di tanto perche al giorno d’oggi i pericoli sono all’ordine del giorno, allora possiamo istruire i nostri figli a cio che troveranno fuori dalla porta di casa che ci piacia o no…. non possiamo continuare con c’e’ tanto bene la fuori sapendo che non e’ vero. Concentriamoci sull’essere reali, incominciamo con il fatto che un genitore non dura in eterno e che i nostri piccoli fuori dal nido dovvranno cavarsela da soli…. la tecnologia purtroppo serve anche se sono pienamente d’accordo che i bambini devono assolutamente imparare a leggere e scrivere di propria mano. Si alla tecnologia ma con le giuste dosi…. forse fanno piu male certe situazioni familiari quando hai bambini viene negato il contatto con il mondo esterno.
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