Quel folletto dispettoso nelle campagne romagnole: chi conosce il Mazapègul?

I bambini saranno incuriositi, i nonni rispolvereranno le loro vecchie memorie. Alzi la mano chi sa che cos’è il Mazapègul. A rispondere è Daniela Guerra, scrittrice e appassionata di tradizioni romagnole: “Era il tipico folletto dispettoso utilizzato come capro espiatorio nella case delle campagne. La mattina c’era della farina sparsa sul pavimento? C’era confusione nella stalla? Era sempre colpa del Mazapègul”. Una figura che nel forlivese veniva chiamata addirittura “spingi trippe” (ma nella traduzione dialettale) perché se la notte ti svegliavi con il mal di pancia, era sempre colpa di quel folletto peloso come un gatto. Daniela Guerra, attorno, ci ha costruito una storia, “La Befana e il Mazapègul” illustrato da Isabella Fontana e pubblicato da Tempo al Libro. Domani alle 10,30, alla biblioteca comunale di Imola (via Emila, 80), la presentazione.
Daniela, com’è il suo Mazapègul?
“E’ un bambino. La storia mi è venuta in mente un giorno a Bagnacavallo, mentre animavo delle letture per bambini. Siccome era quasi Natale, mi venne in mente di chiedere ai partecipanti di scrivere una parola su un foglietto. Con quelle raccolte, avrei scritto una storia per l’incontro successivo, in prossimità della Befana”.
Quali parole raccolse?
“Le più varie, da attrezzi a patatine mescolate con il gelato al cioccolato. Non ho tradito i bambini e le ho utilizzate tutto nel libro”.
Che legame esiste tra la Befana e, appunto, il Mazapègul?
“La storia inizia con la figura di un cantastorie che promette ai bambini di scrivere una favola con le loro parole, proprio com’è successo a me. Ma deve partire e lascia i foglietti alla Befana, che indaffaratissima a confezionare i regali, non se ne cura. Addirittura, brucia i foglietti perché è senza la legna che le serve per prepararsi la cena. Quando il fumo esce dal suo camino, il Mazapègul che vive in un albero lì vicino, se ne accorge, ruba il fumo di parole, ci inizia a giocare. Ma la Befana sa come farsi consegnare il sacco. Per farsi ubbidire, bisogna portare via il berretto al Mazapègul”.
Senza svelare il finale, quanto di romagnolo c’è nel suo libro?
“Molto, dai sabadoni che il cantastorie prepara con le sue mani, alla filastrocca del ‘piangulone delle sette candele” che veniva cantata ai maschi per evitare che piangessero”.

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Commenti:

  1. …domani vado ad acquistare questo libro, poiché del Mazapegul..ne ho sentito parlare..e vorrei leggerlo!!…..che bella la nuvola di fumo di parole che lui và a rubare…brava Daniela Guerra!

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