Anna, la suora che faceva la cubista: “Ora ballo con Dio”

Suor Anna Nobili si sente un po’ una mamma, soprattutto negli ultimi tempi. HolyDance, la sua scuola di danza moderna cristiana a Palestrina (Roma), ha raggiunto un centinaio di iscritti: “Lavoro moltissimo, la notte non penso ad altro. C’è l’educazione dei ragazzi, ci sono i genitori, c’è la responsabilità. Diventi per forza di cose come una madre”. Eppure, fino a qualche anno fa, davanti al nome Anna la parola “suora” non c’era. Potevi mettere cubista, quello sì. O ballerina televisiva, anche. O ancora, agli occhi degli altri, molto peggio: “Una poco di buono, sì, mi sono sentita definire così l’ultima volta che sono salita sul cubo”. Non a caso Anna era davvero una dai facili costumi: abituata a vagare da un letto ad un altro, restando sempre sulla superficie di amori effimeri, passeggeri, per niente edificanti. Una che tra alcol e sesso urlava i suoi vuoti da colmare – il padre aggressivo, la separazione dei genitori – senza avere la ricetta per riuscirci, se non quelle notti estreme. Perché Anna, per una vita, ha pensato proprio questo: “Ero convinta che per non sentirmi così sola, per guarire le ferite che mi portavo dietro dall’infanzia, servisse piacere agli uomini, offrire il mio corpo, svendermi”. La vita di prima, e il doloroso percorso verso quella nuova, suor Anna lo ha raccontato nel libro “Io ballo con Dio” (Mondadori).
Suor Anna, come si fa a danzare in modo cristiano?
“Nella mia scuola lavoriamo sui testi della Bibbia, perché le Scritture sono piene di rivelazioni. Con i piccoli, per esempio, quest’anno abbiamo scelto il Cantico delle creature di San Francesco. Danzando, comunichiamo i messaggi del Vangelo. E gli agganci al presente sono moltissimi. Lo spettacolo “Ruth”, che abbiamo da poco portato in scena, tratta di amore, amicizia, accoglienza dello straniero”.
La sua, di rivelazione, quando è avvenuta?
“La mia vita è stata piena di rivelazioni ma quella che ha portato ad un cambiamento decisiva è successa quando avevo 22 anni. Dopo otto mesi di frequentazione della Chiesa e della Messa, che però non mi avevano impedito di comportarmi peggio di prima, ho dato a Dio l’ultima possibilità. Gli ho detto che non lo sentivo, che sarei tornata a vivere la notte. Ma poco dopo, durante un ritiro ad Assisi, mentre passeggiavo sotto la pioggia dalla basilica di San Francesco a Santa Chiara, il cielo si è aperto ed è diventato arancione fosforescente. Ho iniziato a danzare dalla gioia, davanti a tutti. E sul treno di ritorno, ho avuto la consapevolezza che Dio era dentro di me. Sono andata in bagno a piangere e guardandomi allo specchio ho visto sul mio viso una luce nuova”.
Non si è riconosciuta, in quel momento?
“No, mi sono quasi spaventata. Come primo fioretto avevo tolto il trucco, senza il quale non uscivo mai. Per me era una maschera”.
Non è più tornata sul cubo, dopo quella volta?
“Sono tornata una volta solo, accorgendomi come mai prima di allora che i ragazzi guardavano solo alcune parti di me. Mi sono venute in mente le parole di San Paolo: ‘Il tuo corpo è tempio di Dio’. E ho deciso di lasciare tutto”.
Lo ha rinnegato, con il tempo, il suo passato?
“No, con il mio passato mi sono riconciliata. Ho capito che l’abbandono subito in famiglia era qualcosa che solo Dio poteva risolvere. Prima avevo cercato di farlo con relazioni di possesso. Una telefonata mancata o un messaggio non arrivato per me erano insopportabili. Poi, non senza difficoltà e sofferenza, poco a poco tutto ha assunto una bellissima armonia. Il mio passato, oggi, io lo benedico. Senza, non sarei arrivata fino a qui”.
Una suora, nell’immaginario, è una che va in missione. O che sta chiusa in un convento. Lei, invece?
“Prima della consacrazione sono stata per qualche mese in missione, accorgendomi che la mia strada era servire gli altri. Io appartengo alle suore operaie della Santa Casa di Nazareth, ci occupiamo di scoprire che Dio è anche fuori dalla Chiesa. Organizziamo momenti di ristoro per i lavoratori, abbiamo la pastorale dei giovani e delle comunità in Brasile e in Africa: non facciamo assistenzialismo, andiamo nei campi di tè ad aiutare i lavoratori a fare da sé”.
Oggi chi è suor Anna?
“Una persona felice. Non significa che non ci siano ostacoli. Ma mi guida Dio. E per me è una grande vittoria”.

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Commenti:

  1. Grazie suor Anna,per la tua testimonianza. Ho seguito l’intervista con Daria Bignardi e sono venuto a sentirti di persona al don Orione di Palermo, che Dio di benedica sempre!!!!

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