Sonia Fabbri con i suoi alunni

Il patto con i genitori è chiaro: agli alunni, i voti della pagella, non vanno mostrati. I bambini, infatti, ricevono dagli insegnanti una lettera che li descrive – alla fine dei due quadrimestri – come persone a tutto tondo, raccontando più nei dettagli i passi fatti e quelli ancora da compiere, e che li motiva ad andare avanti nello studio o, meglio, nel loro percorso di crescita.

Sonia Fabbri è una maestra di quinta della scuola paritaria bilingue «Don Oreste Benzi» di Forlì, scuola che si ispira all’esperienza della Comunità Papa Giovanni XXIII. Cinque anni fa, quando le è stato proposto il posto, si è letteralmente innamorata della pedagogia del gratuito che sta alla base della didattica e del metodo di valutazione: «Mi è piaciuta, da subito, l’idea che i bambini non fossero in competizione, che le famiglie non puntassero al voto e che con i genitori si potessero fare dei colloqui veri, in cui si potesse finalmente parlare dei loro figli. Sono convinta che un bambino non possa essere rinchiuso in un quattro o in un otto».

Il momento in cui i bambini ricevono la lettera è uno dei più attesi dell’anno: «Gli alunni, che nella mia classe sono 14, sono ben consapevoli di quel che avviene in questa scuola. C’è chi viene dalla statale e nota con stupore il fatto di ricevere un giudizio più a 360 gradi, che spieghi l’errore per poterlo correggere e che metta in evidenza le cose buone. Alcuni alunni si commuovono, altri ci dicono che finalmente hanno capito chi sono. Del resto, spesso il voto viene usato come etichetta o minaccia, qui invece cerchiamo di riportare tutto al dialogo, al confronto».

Le conseguenze di evitare il voto come obiettivo principale sono molte: «Innanzitutto, i bambini sono abituati ad auto-valutarsi, a non temere le verifiche, a capire come si sentono e a che punto sono, ad avviare sempre una riflessione su quanto fatto. Sono convinta che svuotare il voto di significato possa aiutarli, nella vita, per tante cose. Quando, alle superiori, dovranno confrontarsi con un quattro, spero possano fermarsi, guardarsi indietro e cercare di capire il perché. Non solo: mi sembra che il nostro metodo sia utile a sviluppare le cosiddette soft skills, quelle competenze relazionali fondamentali per confrontarsi con la società».

Anche le famiglie del resto, vengono accompagnate a una pedagogia dei genitori che ha gli stessi valori alla base: «Valorizzazione e non misurazione significa anche che nei gruppi che organizziamo per i grandi, ci si mette in cerchio e si ascolta e basta, senza commentare».

E allora, con un’alleanza del genere, certe parole non sono a caso, come dimostra solo una delle lettere inviate: “Ti manca il passo ulteriore per far sì che i tuoi elaborati siano qualcosa oltre il compito assegnato, ma siamo fiduciosi del fatto che presto riuscirai a stupirci! Prova ad andare oltre la consegna e a dare un tocco personale ai tuoi elaborati di ogni campo e materia. Prova a dipingere fuori dalle righe: ne hai tutte le capacità. Anche nelle materie che senti meno tue, dove ti vediamo un po’ col fiatone come matematica o grammatica: take your time and breath!».