«Per noi, nostro figlio è rinato il 18 novembre del 2020: quel giorno siamo ripartiti da zero, è come se adesso avesse un anno invece di quattro». Magdalena Gluszek è la mamma di Davide, un bambino con una malattia genetica metabolica rara e neurodegenerativa, la mucopolisaccaridosi di tipo tre, conosciuta anche come sindrome di Sanfilippo.
Il 18 novembre di un anno fa è la data in cui Davide, a Santiago de Compostela, ha avuto accesso a una sperimentazione per la cura della sua malattia, fino a quel momento rimasta senza alcuna terapia. Una sperimentazione costosissima, fortunatamente non a carico della famiglia, che tramite l’inserimento di un enzima nel Dna del bambino, dovrebbe per lo meno arrestare il peggioramento della sindrome: «I risultati li abbiamo visti fin dal primo mese. Gli organi di Davide, che in genere si ingrossano perché sovraccaricati dalle sostanze di scarto che il suo corpo non espelle, si sono rimpiccioliti. Peccato che il farmaco che prendeva per gestire l’iperattivismo causato dai corticosteroidi che deve assumere, gli abbia provocato una settimana fa un’importante reazione allergica. E Davide, quindi, è di nuovo molto agitato e difficile da gestire. Probabilmente passeremo al farmaco che, grazie alle battaglie dell’associazione Sanfilippo Fighters, di cui sono rappresentante regionale, in Italia ora si sta sperimentando. Grazie a una collaborazione con Telethon, inoltre, la nostra associazione sta portando avanti un altro progetto di ricerca: questo ci spinge a sensibilizzare l’opinione pubblica per ricevere donazioni».
Da Faenza, dove la famiglia di Davide vive, Magdalena e il marito Tommaso non si sono persi d’animo: «Se mi guardo indietro, ricordo bene la disperazione del vedere nostro figlio, a un anno e mezzo, perdere poco a poco tutte le competenze acquisite fino a quel momento. Ricordo bene anche la voglia di sprofondare, il giorno in cui abbiamo saputo che si trattava di una malattia degenerativa. Fortunatamente la diagnosi è stata precoce, questo ci ha consentito di non perdere troppo tempo, nonostante il Covid abbia rallentato tante cose. Fortunatamente siamo molto credenti e Dio ci ha senza dubbio aiutati a restare forti. Una sera, mentre addormentavo Davide ed eravamo in lista per farlo operare a Parigi, un tipo di sperimentazione che avrebbe rappresentato la nostra unica speranza ma della quale non ero convinta per via dell’invasività, ho pregato che per lui ci fosse una strada che non fosse il bisturi. Quando ho ricevuto la telefonata riguardo l’ipotesi della Spagna, ho tirato un sospiro di sollievo. Non avverrà il miracolo, questo lo sappiamo. A livello cognitivo Davide è compromesso, ma se si potesse arrestare l’evolversi della sua malattia, sarebbe già moltissimo».
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