Mamme con la partita Iva: “Alla fine, con molta fatica, si può”

Valentina Simeoni

No, le lavoratrici dipendenti alla fine non le invidia nemmeno un po’. E il fatto di essere sempre online, on topic e on time, come scrive in “Mamme con la partita Iva. Come vivere allegramente la maternità quando tutto è contro” (Sonzogno), è anche una scelta, se non un modo di essere e di stare al mondo. Valentina Simeoni, antropologa e insegnante di lingue, presenterà il suo denso e illuminante libro oggi alle 18 alle Serre dei Giardini Margherita di Bologna (via Castiglione 134), dove racconterà anche di non aver rispettato, dopo l’arrivo di sua figlia, oggi 22 mesi, alcuni dei consigli che invece, in coda al libro, dà alle lavoratrici autonome che diventano mamme.

“Sul fatto di chiedere aiuto sto tutt’ora imparando – ci racconta – e potrei fare senz’altro meglio. Idem per il sapere dire no ai committenti: l’ho capito soltanto dopo, che lo si può fare eccome, certo senza alterigia. Nemmeno a rilassarmi sono brava: sono una persona attiva e facilmente entusiasmabile, stare ferma mi viene difficile”. E davanti alla grande domanda se si possa fare le mamme lavorando da indipendenti, alla fine la risposta di Valentina è, anche se in modo ibrido, un sì: “Il fatto stesso di aver scritto questo libro me l’ha dimostrato all’ennesima potenza. Non solo per le storie delle altre mamme che ho intervistato ma anche perché ho voluto e potuto avvisare che in questi mesi sono impegnata con le presentazioni e certi lavori non posso finirli”.

La flessibilità e l’assenza di vincoli, dunque, sono gli aspetti che secondo Valentina sono più vantaggiosi e per i quali vale la pena lavorare anche di sera, nei week-end, mentre allatti o tua figlia fa il pisolino pomeridiano di là: “La possibilità di gestirsi è impagabile. E se non ricevi la comprensione che vorresti, magari perché hai un figlio piccolo che detta almeno inizialmente i ritmi, puoi sempre dire arrivederci. Io, nei primi tempi, vedevo solo il rovescio della medaglia della flessibilità. Ora credo di vedere il dritto, quella parte che ti consente di non dire sempre e per forza sì”.

Se invece dovesse dipingere solo le ombre di lavorare a partita Iva, Valentina non avrebbe dubbi: “Non è solo una mia impressione: ci sono studi che dimostrano come a fronte della libertà e intraprendenza individuate come punti di forza, i free lance italiani vedono il carico fiscale, trasversalmente ai vari tipi di regimi, come la parte più negativa. Indipendentemente da quanto fatturi, le tasse sono sempre troppe”.

Valentina, però, non cambierebbe: “A volte anch’io mi lamento di dover lavorare sempre. Ma poi mi chiedo, e lo chiedo anche alle mamme nelle mie condizioni: sarei e sareste capaci di non essere così? Io credo che sia un discorso in parte culturale, che ha a che fare con una generazione – quella delle donne tra i trenta e i quarant’anni – abituata a dover fare sempre tutto”. Chiaro che, nel primo anno di vita, essere sempre in modalità on è un problema: “Anche io, quando mia figlia era molto piccola, ho sofferto la pressione del lavoro scontrarsi contro il fatto che, sul piatto della bilancia, c’era un peso da novanta: una bambina piccola con le sue esigenze e necessità di attenzione. In quel periodo ho sentito che era ingiusto dover essere sempre disponibile per gli altri. Poi, con il passare del tempo, le cose per fortuna migliorano”.

E i padri, se vogliono, possono capire: “Il problema della percezione dei free lance è che, spesso, il lavoro è associato a un hobby, a qualcosa di poco qualificato e di serie B. In caso di uomini con il posto fisso e il tempo indeterminato, magari da anni nella stessa sede, possono esserci difficoltà a capire a pieno quali sono i punti delicati della situazione lavorativa della mamma. Un padre dovrebbe davvero provare a mettersi nei panni della sua compagna, costruendo insieme a lei il ruolo genitoriale all’interno della famiglia, in direzione di una intercambiabilità di fondo che non vuole dire uguaglianza ma che vuol dire che se io allatto, tu cucini. Qualche giorno fa, a una presentazione, scherzavamo sul fatto che ci vorrebbe un breve tirocinio da free lance, per i futuri papà”.

 

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