Il licenziamento non è discriminatorio. La mamma separata con due figli, di cui uno disabile, ha perso la causa. L’Ikea ha vinto. Così ha sentenziato il giudice del lavoro di Milano al quale si era rivolta Marica Ricutti, la 39enne dipendente della multinazionale svedese messa a casa a fine 2017. L’azienda contestava il mancato rispetto dei turni di lavoro mentre la donna chiedeva il reintegro e il risarcimento del danno. Il giudice ha dato ragione all’Ikea perché i comportamenti della Ricutti sono stati “di gravità tali da ledere il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore e consentono l’adozione del provvedimento disciplinare espulsivo”.
La donna aveva chiesto un orario più flessibile per potere accudire il figlio disabile. Dopo aver accettato di cambiare reparto, aveva chiesto comunque di non iniziare alle sette del mattino proprio per le sue particolari esigenze familiari. Ma le è stato contestato di non rispettare i turni: in due occasioni, in particolare, si sarebbe presentata al lavoro nella sede di Corsico (in provincia di Milano) in orari diversi da quelli previsti. La donna aveva ricevuto solidarietà da molti colleghi e da tutta Italia, diverse manifestazioni erano state organizzate per lei ma non è servito a nulla.
L’azienda aveva fatto sapere che, “pur avendo fatto il possibile per andare incontro alle richieste della lavoratrice, ha ritenuto non accettabili comportamenti che hanno compromesso la relazione di fiducia”. La signora Ricutti invece deve farsene una ragione: “Ho dato la mia vita a questa azienda che ora ha deciso di calpestare la mia dignità di donna, mamma e lavoratrice – aveva detto durante lo sciopero indetto dai sindacati per sensibilizzare l’opinione pubblica sul suo caso –. Non ho chiesto privilegi, ma soltanto un modo per poter conciliare i tempi del lavoro con la mia difficile vita familiare”.
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