Tutto il personale dell’Ausl di Modena è sottoposto a screening. Sono già a disposizione i dati sulla sorveglianza sanitaria delle Unità operative considerate a rischio, a pochi giorni dalla presentazione del documento “Rischio biologico e criteri per l’idoneità alla mansione specifica dell’operatore sanitario”, approvato dalla giunta regionale dell’Emilia-Romagna. Esso prevede – nei reparti di oncologia, ematologia, neonatologia, ostetricia, pediatria, malattie infettive, nei Pronto soccorso e nei Centri trapianti dell’Emilia-Romagna – l’impiego solo di operatori sanitari (e dunque medici, infermieri, ostetriche, operatori socio sanitari, e tutto il personale afferente) che risultano essere in fase di non suscettibilità (vale a dire immuni) nei confronti di morbillo, parotite, rosolia e varicella. Questo a protezione non solo dei pazienti, ma degli operatori stessi, in quanto in ambito biologico il rischio ricade su entrambi i soggetti e sul sistema nel suo complesso. Lo rende noto l’Ausl di Modena in un comunicato.

Rispetto a varicella e morbillo nelle strutture dell’Ausl di Modena sono in fase di non suscettibilità, anche a seguito degli interventi vaccinali, rispettivamente il 99,8% e il 99,5% dei 966 operatori (tra amministrativi, sanitari e tecnici) afferenti ai reparti di cui sopra. Non opera nei reparti personale che non sia protetto e dunque idoneo al contatto con i pazienti. Al contempo, è stato avviato lo screening anche sugli altri reparti, pur considerati non a rischio e dunque dove non vi è obbligo di immunità: di quasi quattromila lavoratori, due terzi sono già stati sottoposti a monitoraggio, risultando in gran parte non suscettibili (il 98% per la varicella e il 95% per il morbillo).

Controllato e idoneo perché protetto da epatite B il 99% dei sanitari esposti al rischio; mentre per la rosolia e parotite, in precedenza non monitorate, anche perché meno frequenti, lo screening è in corso, con priorità massima data ai reparti a rischio. La percentuale di operatori non suscettibile alla rosolia è molto alta (grazie anche alla vaccinazione di massa in età infantile e adolescenziale effettuata nel nostro Paese). Ad oggi per la rosolia sono stati controllati il 79,43% dei sanitari con una copertura immunitaria protettiva del 93%. Per la parotite, il dato delle persone già monitorate è intorno al 25% e il tasso di immunità è del 90,1%.

Da sottolineare che tutto il nuovo personale che entra in azienda viene sottoposto a screening, con proposta di vaccinazione, ben accolta in particolare dal personale sanitario. Chi è già in azienda viene progressivamente sottoposto allo screening attraverso le visite periodiche di sorveglianza sanitaria. “E’ chiaro che in seguito a queste indicazioni regionali, che anche noi come Ausl di Modena abbiamo collaborato a redigere – spiega Michele Lacirignola, responsabile della Sorveglianza sanitaria aziendale – chi non intende vaccinarsi contro morbillo, parotite, rosolia e varicella, non potrà ottenere l’idoneità per operare in determinati contesti assistenziali. Questo vale per tutti i nuovi assunti, ma anche, retroattivamente, per il personale già in forze”.

Gli operatori che effettuano manovre invasive chirurgiche considerate ad alto rischio biologico per il paziente, infine, saranno sottoposti a screening HBV, HCV e HIV (epatite B, epatite C e AIDS) e se riscontrati in fase di possibile contagiosità saranno interdetti dall’effettuare interventi a rischio. Al contempo, grazie anche al software utilizzato dai medici competenti dell’azienda, è garantita la massima riservatezza dello screening in quanto tali indagini sono effettuate con codice anonimo la cui chiave è conosciuta solo ed esclusivamente dal lavoratore interessato e dal medico competente.

Le vaccinazioni negli operatori sanitari hanno una triplice valenza di sanità pubblica – è scritto nel documento regionale -. Infatti proteggono l’utente del servizio sanitario che, proprio in quanto tale, si trova il più delle volte in una condizione di maggiore suscettibilità alle infezioni; proteggono l’operatore sanitario che per motivi professionali è maggiormente esposto al contagio; tutelano, infine, il servizio sanitario che, in situazioni epidemiche, potrebbe fronteggiare una carenza acuta di personale, fatto che si è verificato in più contesti nel corso degli ultimi anni proprio a causa di malattie prevenibili da vaccino, quali morbillo e influenza”. Recenti stime però hanno dimostrato che solo un medico su cinque, in generale, si vaccina.