“La Macina”, un piatto caldo e una domanda: “Cos’è la normalità?”

“Eh no Dario, tu non puoi andare a casa adesso. Oggi hai il turno lungo”.

Jonathan

C’è un posto vicino a Ravenna dove apri la porta e ti senti a casa. L’ha creato l’associazione Letizia. Se uno venisse calato dall’alto, con un elicottero, e non ne avesse mai sentito parlare, penserebbe a un classico ristorante: ci sono i tavoli, i camerieri, il menù del giorno. E si mangia anche parecchio bene.

Il posto si chiama “La Macina”, si affaccia sulla Faentina ed è dopo Fornace Zarattini, se si arriva dalla città. Ogni giorno, dal lunedì al venerdì, si mangia con cinque euro. Ma non è tanto questo che importa. Importa che in cucina e in sala ci siano ragazzi disabili e volontari dell’associazione. Che siano lì a lavorare, che si sentano utili e competenti, che vengano messi al pari di chi viene qui per un piatto caldo in pausa lavoro.

Eleonora e Letizia
Dario

Importa, dunque, che la pasta arrivi in tavola per mano di Dario, che ha la sindrome di Down. E che nella zona bar ci sia Jonathan, volto storico dell’associazione, oggi 32enne: “Ho quasi l’età di Cristo”, scherza. Jonathan è uno dei ragazzi che il presidente di Letizia Giovanni Santoro aveva seguito quando faceva l’educatore, prima di avere sua figlia Letizia, una ragazza con autismo che ha da poco compiuto 18 anni. E che oggi è qui, in questo posto dove il camino è acceso e dove non puoi non fermarti a leggere le frasi alle pareti: come ‘per quanto assurda e complessa ci sembri, la vita è perfetta” di Fiorella Mannoia.

C’è anche Lisa Dradi, la moglie di Santoro, a servire: “Come sto bene qui, non sto da nessun altra parte”.

 

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