Scuola, il primo giorno fra ritardi e la prof con l’Unità

In occasione della prima campanella, Giuseppe Roccafiorita, avvocato ravennate, ha raccontato una sua prima volta a scuola molto speciale. Lo ha fatto con uno spassoso e ironico post su Facebook, che qui riproponiamo per gentile concessione dell’autore. 

Ricordo ancora il primo giorno a scuola… No, non veramente il primo in assoluto, ma il primo a Ravenna. Era il lontano 1993, e dovevo iniziare il triennio del Liceo Scientifico dopo aver frequentato in Sicilia il biennio di un liceo borbonico, dove ci si alzava in piedi tutti insieme per salutare all’unisono il docente che entrava. Che c**** mi aspettava? Per la paura scelsi un sicilianissimo look “aggressive”, occhiali scuri e capelli ingellati all’indietro con atteggiamento “pensaci due volte prima di dirmi qualcosa”.  Mai scelta fu più sbagliata (escludendo il sostegno a Renzi)… Svettavo come un profugo a Galleria Sordi di Roma.

Abituato ad andare a scuola a piedi o in motorino, mi toccava prendere quella cosa strana chiamata autobus per giungere a scuola, ma cribbio….Trapani era una città che si sviluppava in lunghezza: prendevi un bus da qualche parte e arrivavi sempre più o meno dove dovevi. Nella selva di numeri e cambi in questo caos ravennate non ci capivo un c****. Un viaggio allucinante, in cui toppai completamente le fermate e che mi portò da Ponte Nuovo a Fornace Zarattini passando per non so dove, con le facce divertite dei ragazzini indigeni che mi guardavano ridendo come se fossi appena sbarcato col barcone. Tra il ritardo, il bus che “Non ci capisco una mazzaaaa” e le facce degli altri, volevo mettermi ad urlare e fuggire!!! Ma tenni botta….

Arrivai a scuola in ritardo di un’ora buona (il primo giorno!!!), entrando osservato da decine di occhi divertiti e già seduti comodi che sembravano dire “Ah, quindi questo è il terrone da ospitare….”. Non c’era neppure il banco per me. Venne chiamata la bidella (allora in italiano si chiamavano ancora così) che riuscì a rimediare tra il brusio della classe intera (e la mia voglia di suicidarmi) un banchetto con due angoli spezzati, piazzato penosamente nella zona “cucina-cesso” della classe accanto ad un maniaco di radioDJ che chiedeva insistentemente se conoscevo DJ Molella (“Ma chi è ‘sto DJ molella??? Crepa tu e Molella!!!”, pensavo). Mi accomodai con la faccia di gomma di Kim Jong Un ed un colore tipo serranda provenzale, quando entrò la prof di storia e filosofia.

Colto da un ancestrale istinto genetico, mi alzai in piedi improvvisamente per fare il saluto al docente, innescando una reazione scomposta dei neo-compagni che, probabilmente colti alla sprovvista, cominciarono disordinatamente ad alzarsi senza neppure capire perché. La sfortuna volle che non avessi notato sotto il braccio della docente le due (dico DUE) copie dell’UNITA’ che sfoggiava in bella mostra, ma quello che notai con angoscia crescente fu la sfuriata che fece alla classe perché “IO SONO COMUNISTA DA SEMPRE! Se vi alzate quando entro io, dovete farlo anche quando entra la bidella!!!“.

Non ci potevo credere! Per me era tutto surreale! Che poi io manco l’avevo mai vista in vita mia una vera copia dell’UNITA’. Ed i comunisti pensavo fossero una leggenda dei racconti di mia madre romagnola.……una entità astratta. Eppure eccomi li, in una realtà parallela e già un krumiro terrone con la voglia di fuggire nei primi 5 minuti di avventura ravennate…. non poteva essere…. e non avevo neppure cominciato….

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