
Le è capitato, e le succede ancora, che le scuole dell’infanzia la contattino per leggere “Il Piccolo Principe”. Ma la riccionese Alessia Canducci, attrice, narratrice e formatrice, che da oltre 20 anni legge ad alta voce per far leggere, si rifiuta ogni volta. Perché l’opera di Saint-Exupéry, per quanto proposta da più parti come libro per l’infanzia, secondo lei non lo è affatto. E qualche giorno fa, davanti alla richiesta di una scuola materna che avrebbe voluto riaprire la scuola sull’onda della rosa, della volpe e del pilota, ha detto no: “Massimo rispetto per tutti. Ho spiegato alle insegnanti che per quanto ‘Il Piccolo Principe’ sia uno dei libri più regalati – io stessa ne ho ricevute in giovinezza due copie – è un libro maldestinato: perché per il modo in cui affronta temi quali amicizia, ricerca e difficoltà nell’incontrare l’altro, senso di abbandono, morte e disillusione per l’infanzia perduta, non è affatto adatto ai bambini. E nemmeno agli adolescenti”.
Dalla fine del 2014, quando sono decaduti i diritti d’autore, il libro si è diffuso ancora di più, diventando un po’ una moda: “Non ho nulla contro il Piccolo Principe. Ma sono contraria a proporlo alla prima infanzia, così come nelle età successive, quando i bambini, proprio perché vivono il presente e ‘l’essenziale invisibile agli occhi’, non hanno bisogno di questo tipo di storie. Hanno bisogno, invece, di storie che li aiutino a comporre un mondo in cui stare bene, di cui fidarsi. A che cosa serve un libro che racconta di come gli adulti abbiano perso i valori più importanti? Ci sono libri meravigliosi adatti a bambini e ragazzi che trattano di contraddizioni e meschinità del mondo adulto, riuscendo comunque a mostrare anche modelli di adulti a cui vale la pena affidarsi. L’infanzia non ha bisogno di libri di disillusione”.
Al “Il Piccolo Principe”, per esempio, Canducci contrappone “Nino” dell’autrice Isol: “Un albo illustrato che racconta di un neonato che arriva sulla Terra ‘cadendo dal cielo’ con un’astronave. E che solo quando si accorge che ogni adulto, dentro di sé, ha un Nino, decide di restare e non ripartire. Una prospettiva ironica, che ugualmente riesce a parlarci nel profondo”.
Insomma, per leggere Saint-Exupéry c’è tempo. Il punto è che, sulla lettura a scuola, c’è un enorme fraintendimento: “Spesso i docenti vedono il libro solo come strumento didattico per costruire un percorso, e non come un’occasione per ampliare il proprio sguardo e quello dei bambini, su di sé e sul mondo. Ho la fortuna di conoscere e lavorare con appassionati insegnanti di scuola dell’infanzia, primaria e secondaria che hanno compreso il grande valore del rito della lettura a scuola, soprattutto per i bambini e i ragazzi che non hanno l’opportunità di leggere in famiglia. Sono aperti al confronto, non esitano a chiedere consigli e accompagnano la crescita dei bambini anche scegliendo con cura le storie da leggere e far leggere. È importante che il gli insegnanti conoscano i libri. Dei temi trattati dal Piccolo Principe, ai bambini, si può parlare. Ma in un altro modo. Leggendo, magari dietro consiglio di bibliotecari e librai competenti, altri titoli”.
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