Prima del vaccino era sanissimo. Dopo si è ammalato. Di una patologia gravissima: sclerosi multipla. Dopo dodici anni è morto. E’ il caso di un cittadino francese su cui è intervenuta in questi giorni la Corte di giustizia dell’Unione europea. In materia di reazioni avverse, i magistrati hanno ritenuto sussistere il nesso di causa-effetto fra il vaccino contro l’epatite B somministrato nel 1999 e la successiva malattia anche senza averne la certezza. Si sono accontentati, come spiega la sentenza riportata dai media internazionali, di indizi “gravi” come lo stato di salute pregresso dell’uomo, l’assenza di precedenti familiari e l’esistenza di un numero significativo di casi a seguito di somministrazione dei vaccini.
Precisamente “il giudice, in mancanza di prove certe e inconfutabili, può concludere che sussistono un difetto del vaccino e un nesso di causalità tra quest’ultimo e una malattia sulla base di un complesso di indizi gravi, precisi e concordanti, qualora tale complesso di indizi gli consenta di ritenere, con un grado sufficientemente elevato di probabilità, che una simile conclusione corrisponda alla realtà. Infatti, un regime probatorio del genere non è tale da comportare un’inversione dell’onere della prova gravante sul danneggiato, poiché spetta a quest’ultimo dimostrare i vari indizi la cui compresenza permetterà al giudice adito di convincersi della sussistenza del difetto del vaccino e del nesso di causalità tra il medesimo e il danno subìto”.
Poi un’avvertenza importante: “i giudici nazionali devono assicurarsi che gli indizi prodotti siano effettivamente sufficientemente gravi, precisi e concordanti da consentire di concludere che l’esistenza di un difetto del prodotto appare, tenuto altresì conto degli elementi e degli argomenti presentati a propria difesa dal produttore, la spiegazione più plausibile dell’insorgenza del danno”.
Nel caso di specie l’uomo (le cui condizioni di salute pregresse sono state definite “eccellenti” dai giudici del Lussemburgo) aveva cominciato a manifestare i primi disturbi nel novembre del 2000, pochi mesi dopo aver ricevuto il vaccino prodotto dalla Sanofi Pasteur di Parigi. Poi la lenta ma progressiva decadenza che lo ha portato alla morte nel 2011. Infine la sentenza che ha ribaltato le precedenti della Corte d’appello di Parigi e della Corte di cassazione francese facendo valere la responsabilità del produttore e richiamando le direttive europee sulla sicurezza e la salute dei consumatori per una “giusta ripartizione dei rischi insiti nella produzione tra il danneggiato e il produttore”.
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