“Le mamme? Un valore aggiunto”. Non ci sono solo le donne che, a causa della maternità, vengono discriminate e lasciate fuori dal mondo del lavoro. Esistono, infatti, anche gli imprenditori che, ai colloqui, non chiedono mai, alle candidate di sesso femminile, se hanno intenzione di avere figli. Renato Ciccarelli, marchigiano, è uno di questi. Nel 2011, a Faenza, ha fondato It Auction, una società che organizza e gestisce aste competitive on-line. Oggi, su 33 dipendenti, quasi tutti a tempo indeterminato, 25 sono donne: “Le mamme sono solo quattro perché l’età media, in azienda, è molto bassa. Chiaro che, nei prossimi anni, ci saranno altre maternità. Spesso, da altri imprenditori, ho sentito dire: ‘Ma perché assumi le donne? Guarda che prima o poi rimangono incinte’. C’è un lavoro culturale enorme da fare. Penso anche al fatto che, quando arriva un figlio, tutto il peso ricade sulle spalle delle mamme. A fronte di una donna che chiede al suo datore di lavoro un aumento per far fronte alla retta del nido, non ci sarà mai un papà a fare la stessa richiesta al suo capo. La sfida sarebbe che i datori di lavoro delle madri si mettessero a un tavolo insieme ai datori di lavoro dei padri, per equilibrare meglio i carichi”.
Ciccarelli, che ha una bambina di sette anni e un bambino di quattro, non fa mistero delle difficoltà che, per un’azienda, comportano le assenze lunghe come quelle per la maternità. Ma per lui il discorso parte da lontano: “Quando l’ambiente di lavoro è bello, quando quello che fai ti piace, quando stai bene e ci tieni, tutto cambia: le mie dipendenti mamme hanno lavorato tutte fino all’ottavo mese, senza paventare gravidanze a rischio inesistenti, e sono rientrate dopo cinque mesi. Nessuna si è sognata di sparire. Hanno lavorato un po’ da casa, facendo sentire comunque la loro presenza. Putroppo in Italia le regole sono molto rigide: per una neonamma, rientrare anche solo qualche ora alla settimana farebbe la differenza, invece non si può. La flessibilità in questi casi non è ammessa, quando invece potrebbe risolvere molte situazioni. In azienda, ora, sta per rientrare una neo-mamma: organizzandoci, non abbiamo dovuto sostituirla“.
E in caso di problemi di salute o maternità facoltative? “Non nego che se una dipendente resta a casa oltre un anno il problema si ponga. Ma quando in un’azienda c’è un clima affiatato, quando c’è solidarietà, questo consente di tamponare anche le reali situazioni estreme, come può essere una maternità a rischio. La serietà e l’onestà di tutti consentono di garantire a chi problemi ed esigenze reali di assentarsi senza grosse paturnie e grossi contraccolpi. Chiaro, se si lavora speculando l’uno sull’altro, questo non è affatto possibile”.
E per Ciccarelli il risvolto della maternità è anche un altro, quello simile al “Maternity as a master” di Riccarda Zezza: “Le mamme che tornano al lavoro sono precise, efficaci, affidabili, organizzate, vogliose di sicurezza e di stabilità. Hanno voglia di riprendersi il proprio posto. Da noi, dei quattro capisaldi dell’azienda, tre sono donne, di cui due mamme”.
E i riscontri arrivano: “Tempo fa il compagno di una mia dipendente, che fa l’avvocato, ha fatto qualche lavoro per noi. Ma non ha voluto essere pagato: mi ha spiegato che da quando la compagna lavora qui, si è talmente rasserenata che, poi, è riuscita anche ad avere una bambina. Un’altra dipendente, a Natale, mi ha detto che quando nel lavoro ci metti un po’ di vita, tutto ha un altro sapore. Sono aspetti di cui un imprenditore deve andare orgoglioso”.
E le mamme di It Auction confermano. Come Daiana Argnani, account manager, mamma di Marta: “Mi ritengo fortunata perché faccio un lavoro che mi gratifica all’interno di una realtà attenta alle esigenze del personale, un’azienda giovane, che crede nell’apporto che noi donne possiamo fornire quotidianamente e che riconosce l’importanza dell’essere madri, ma anche le difficoltà che ne derivano, tra cui la paura di essere rimpiazzate”.
“Quando sono andata in maternità mi sono sentita libera di farlo – le fa eco Sandra Capaci, mamma di Vittoria, una bimba di quasi tre anni -. In It Auction nessuno mi ha messa a disagio per questa mia decisione. Qui è possibile ritagliarsi degli spazi senza dover necessariamente rinunciare al lavoro”.
Anche Jessica Laghi, mamma di Giada, ha vissuto e vive la stessa esperienza: “Se ho bisogno di ore per seguire la bambina o per accompagnarla all’asilo posso farlo tranquillamente, senza dover dare prove o giustificazioni”.
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Sono una mamma di 4 figli; laureata in Economia ma mai ho potuto dedicarmi ad una formazione professionale. Vorrei mettermi in gioco e dimostrare che il ménage famigliare attribuisce la giusta competenza per gestire anche un’azienda. Cordiali saluti. Pina
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