Con una bugia ha convinto le forze dell’ordine ad accompagnarlo nel luogo doveva aveva scelto di togliersi la vita, dopo averci provato, inutilmente, diverse volte in carcere: l’ex sanatorio di Acquapartita, il ‘casermone’ abbandonato che sovrasta il laghetto dell’omonima località sull’Appennino tosco-romagnolo. Aveva detto che al quinto piano dell’edificio c’era il bottino di una rapina compiuta qualche anno prima. Invece era una scusa per suicidarsi.
Ha così posto fine alla sua tormentata esistenza Luca Lorenzini, il cesenate di 33 anni che il 9 marzo del 2011 aveva ucciso davanti a scuola la fidanzata ventenne Stefania Garattoni. Una dozzina di coltellate in pieno centro di Cesena e di giorno, davanti a tutti per ‘punire’ la giovane che lo aveva lasciato.
Un delitto per il quale Lorenzini stava scontando trent’anni nel carcere di Ferrara. Lorenzini si sarebbe liberato di una guardia carceraria e poi ha fatto un salto nel vuoto di venti metri: in pratica è morto sul colpo.
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