A medical professional who treats club foot holds up models of how bandages are used to correct the deformity at the club foot program at Adventist Hospital in the Carrefour neighborhood of Port-au-Prince, Haiti, Wednesday, November 3, 2010. (Photo by Allison Shelley for CBM)

Che la loro bambina, Elena, sarebbe nata con il piede torto congenito bilaterale, Marco Scattolon e la moglie Silvia Ghigna lo hanno saputo durante l’ecografia morfologica. Quello che nessuno aveva loro paventato, invece, è il calvario che avrebbero dovuto passare per trovare una soluzione a un problema descritto come risolvibile e di cui sia Marco che il fratello avevano sofferto da piccoli, uscendone. Oggi che la figlia ha undici anni, Marco e Silvia – di Padova – sono anche vicepresidente e presidente dell’Associazione nazionale Piede Torto Congenito. Che hanno voluto fondare per condividere con altri genitori (sono circa 600 ogni anno, in Italia, i bambini che nascono con questa malformazione) la loro esperienza, indirizzandoli prima che sia troppo tardi.

foto_00132La loro è una storia quantomai singolare: “Per otto anni – racconta il papà – Elena è stata considerata invalida al cento per cento: camminava per dieci metri e poi era costretta a sedersi. Tutta colpa di un approccio sbagliato seguito dai medici, che dopo cinque mesi di gessi l’hanno operata al tendine d’Achille con un intervento molto invasivo che le ha lasciato venti centimetri di cicatrice”. Operazione che nel caso del metodo Ponseti (dal nome del medico spagnolo che lo ha inventato) al quale l’associazione si rifà, viene invece svolta in percutanea, a livello ambulatoriale, con una piccola incisione e in un tempo di qualche minuto: “Dopodiché per nostra figlia è iniziata la fase del tutore, che consisteva in una sbarra che teneva attaccate le scarpine, che la faceva piangere di continuo tanto era insopportabile”. Sperando di trovare una strada più valida, Marco e la moglie si rivolgono a un altro ortopedico – questa volta a Mestre – che per cinque anni sottopone la bambina a bendaggi e fisioterapia: “Alla fine di quel ciclo lunghissimo i piedi si erano abbastanza corretti. Ma dopo poco, l’effetto era già svanito ed eravamo daccapo”. Nel pieno della disperazione, la bambina viene portata a Milano dal dottor Monforte, dove il metodo Ponseti – che consiste in quattro o cinque gessetti e in un intervento poco invasivo, la tenotemia – “viene applicato bene ma soprattutto sui neonati”: “I danni, su Elena, erano già stati fatti. Dopo quindici giorni di gessi correttivi qualcosa era migliorato. Ma sono stati necessari altri due interventi di transfer tibiale, dove in pratica si sposta un tendine per compensare la recidiva del piede”.

Elena, la figlia di Marco e Silvia
Elena, la figlia di Marco e Silvia, da neonata

Fino a che la famiglia vola a Barcellona, dove incontra Anna EyBatlle, una dottoressa considerata oggi “una fatina”. Con il suo intervento, la bambina migliora notevolmente, tanto che oggi gioca a pallavolo e pratica atletica: “Un buon risultato al quale saremmo potuti arrivare ben prima, risparmiandoci tanta sofferenza, se avessimo incontrato gli ortopedici giusti. Per seguire il metodo Ponseti il medico dev’essere un artista, in grado di manipolare i piedi per riuscire a disporre diversamente le ossa. In Italia ci sono dottori che fanno pratica sui bambini, con chissà quali danni. Se il piede torto congenito non viene trattato bene quando si è piccoli, si rischia di avere una spada di Damocle sulla testa anche quando si è adulti. Con l’età, la crescita, il peso e lo sport, anche molti anni dopo si può avere il collasso del piede. Ci scrivono, oltre che diversi genitori, anche molti adulti costretti ad affrontare le conseguenze di approcci sbagliati”.

Motivo per cui uno dei prossimi obiettivi dell’associazione è il progetto Neglected Clubfoot: “Durante un viaggio in Bangladesh ci siamo resi conto di come molti adulti e bambini non vengono curati per il piede torto. Io e mia moglie accompagniamo la dottoressa Anna Ey Batlle per insegnare a curare anche i casi mai trattati. Con qualche gesso, precise manipolazioni e un intervento di minima chirurgia, anche un piede torto in un adulto può essere portato nella posizione corretta. Guarire si può, anche in ritardo, con il metodo del professor Ponseti”.

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