neonato in carrozzina al mareNo, non scriverò il solito articolo su quanto sia faticosa la vita da spiaggia per le mamme con bambini piccoli. Scriverò, invece, di quanto la vita da spiaggia (attrezzata) sia simile a quella in un co-housing o, addirittura, in una comune.

“Ho sentito che stamattina lo hai sgridato: che cosa è successo?”
“Niente, c’era bandiera rossa ma lui voleva fare lo stesso il bagno. Gli ho detto no. Ha iniziato a urlare. E l’ho portato via dal bagnasciuga un po’ stizzita”.
“Ma è un bimbo buono, un angioletto”.
“In quel momento, però, assomigliava di più al diavolo. Quando ci vuole, ci vuole”.

La distanza tra gli ombrelloni (pochi centimetri) legittima i coinquilini degli stabilimenti balneari a partecipare alle reciproche esistenze con occhi, orecchie e giudizi veloci, espressi il più delle volte da individui sdraiati, unti di olio al cocco, con un bel libro da leggere in mano e un caffè shakerato nell’altra (che invidia).

Quando stai per aprire la scodella di insalata di pasta che di lì a due minuti il piccolo della famiglia comincerà a mangiare con le mani, annegare nell’acqua, lanciare sulla sabbia, hai otto persone intorno: “Che cosa si mangia? Che cosa hai preparato? Come l’hai condita? Me la fate assaggiare?”.

Per non parlare dell’arrivo e della partenza, quando assomigli più a un mulo che ad altro e senti mille sguardi compassionevoli addosso (non è vietato dare una mano).

O quando devi addormentare il piccolo sul lettino per il pisolino pomeridiano e, dopo aver studiato una complicatissima composizione di teli per garantirgli un minimo di buio e stai dondolando da mezz’ora l’esserino che si dimena, passa il genio del momento: “Lo stai addormentando?” (magari a voce altissima, tipo il venditore di cocco).

Finché arriva il pomeriggio tardi, quando il piccolo pretende di raggiungere la zona parco giochi, finalmente in ombra. E quando sta per effettuare la duecentesima discesa sullo scivolo, un ragazzino che ha almeno cinque volte i suoi anni tenta di salire sullo stesso gioco in direzione contraria. E tu ti guardi intorno, cercando un genitore che gli dica che non si fa. Ma niente da fare, il genitore non c’è. E allora lo sgridi tu, pena lo “sfracellamento” del piccolo, sentendoti un po’ aggressiva ma in fondo autorizzata. E invochi il co-housing di cui sopra, dove c’è sempre qualcuno che ha da dire qualcosa.