“Me ne vado”.
“Perché?”.
Glielo chiedi con una voce che sa di stupore e sbigottimento.
Perché fa caldo, è una bellissima giornata e loro sono tremendamente stonati. Quindi me ne vado al mare.
Lì per lì non riesci a dare torto a quel papà e lo stupore inizia a trasformarsi in stima.
“Perché non vieni anche tu?”.
Declini, non tanto perché è la festa della scuola elementare ma perché hai paura della reazione di Lei.
“Non avrai mica paura che tua moglie si arrabbi?”
Beccato.
Non ho mai paura delle sue reazioni.
Lui se la ride. Ri-beccato.
Ormai è una questione d’onore e provi a tenere la parte.
Non si può perdere la recita finale. Ma come ci rimane un bambino se non ti vede. Cosa gli racconti se ti chiede se è stato bravo.
Guardati attorno. Ci sono nonni in tripla fila con telecamere e cellulari che non ti fanno vedere niente.
Se riesci a vedere qualcosa ti accorgi che tuo figlio è sempre quello che sta in ultima fila, sbadiglia e fa finta di cantare.
Se a lui non frega niente, figurati a me.
Butti l’occhio, in effetti tua figlia è in ultima fila, sbadiglia e ha l’aria di chi non è per niente interessato.
Ha ragione e annuisci aggrottando la fronte.
Sa di avere scavato un pertugio nelle tue già deboli convinzioni e allora incalza.
“E poi vogliamo parlare del buffet? Il caffè è pessimo, le bibite sono calde e da mangiare c’è solo pizza”.
Annuisci di nuovo, sei un suo pugno.
“Ma, dico io, un bel free bar con birre e super alcolici? Così se ti annoi, bevi e sorridi. Se sei già allegro, bevi e ridi ancora di più”.
“Sì, hai ragione su tutta la linea”
Alla fine hai ammesso, non ce l’hai più fatta.
“Allora vieni?”.
“Non ho il costume”.
“Passiamo a prenderlo”.
“Ma abbiamo poco tempo, tra un’ora e mezza è finita la festa”.
“Andiamo in motocicletta”.
“Non ho il casco”.
“Ce l’ho io”.
Stai per dire sì e arriva la voce di Lei.
“Hai fatto qualche fotografia, vero?”.
Quella domanda frantuma le tue velleità di fuga.
“Mi dispiace, devo andare”.
Vai, ti capisco, ho anche io una moglie. Per fortuna oggi è a lavorare.
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