Lisa è buddhista, Krusty il clown è ebreo, Apu è induista o “miscellaneo”, Homer è cristiano praticante non convinto. E se la religione, ai ragazzi, venisse proposta attraverso i Simpson? Lo farà il prof veronese Marco Dal Corso domani mattina al liceo delle scienze umane della Fondazione Marri-Sant’Umiltà di Faenza all’interno del Festival Comunità Educante organizzato dalla cooperativa Kaleidos (il pomeriggio, alle 16,30, terrà invece la formazione per gli insegnanti alla scuola primaria Don Milani).
Professore, come mai i Simpson?
“Da qualche anno in Italia si è sviluppato il filone della teologia pop, un tentativo di trovare una nuova semantica nel discorso religioso, senza di certo cercare l’effetto speciale. I Simpson sono una piccola miniera per il loro sguardo critico, decostruttivo e sarcastico ma soprattutto perché lanciano il messaggio che, alla fine, quel che resta sono le relazioni. Ed è bene, quindi, investirci. Il richiamo al valore delle relazioni credo sia fondamentale nel discorso del dialogo inter-religioso”.

L’ora di religione, a scuola, sta vivendo almeno in Romagna un momento di disaffezione. Perché secondo lei?
“In generale assisto a una deriva di analfabetismo religioso, che non aiuta di certo a vivere le città di oggi, internazionali e multiculturali. Il problema non sta nell’ora confessionale, ma nella perdita di cultura religiosa, che nel mondo in cui viviamo dovrebbe essere più che mai fondamentale. A scuola, poi, ci sono difficoltà strutturali che incidono anche sull’ora di religione. Nei programmi, per esempio, il tema dello studio delle diverse religioni c’è. Ma siamo sicuri che i docenti le sappiano insegnare? E anche se fosse, se l’ora dopo entra in classe il prof di storia e spiega le crociate come sono raccontate sui libri, non torniamo sempre al punto di partenza?”.
Come reagiscono i ragazzi al fatto che lei mostra le puntate dei Simpson?
“In genere bene. Anche se è un cartone da adulti, è molto seguito dai giovani. Io stesso ho imparato a conoscerlo grazie ai miei figli e mi ci sono letteralmente convertito. La sfida è non fermarsi alla superficie ma aiutare ai ragazzi, dopo la visione, a scavarci intorno. Oggi, una scuola monoculturale, non si può più fare. E i Simpson aiutano”.
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