Due donne lesbiche e tre bambini. Una ‘famiglia di fatto’ riconosciuta dal tribunale di Roma che con una sentenza ha consentito l’adozione incrociata dei figli (due di una donna e uno dell’altra). Adesso i tre per i giudici capitolini sono figli di entrambe le madri ma non legalmente fratelli perché, come sottolineano le associazioni omosessuali Rete Lenford e Famiglie Arcobaleno, la norma sulle adozioni speciali “definisce solo i rapporti tra il genitore che adotta e il minore, escludendo il resto della famiglia. Questo nonostante che le mamme abbiano dichiarato al giudice che i bambini vivono come fratelli perché tali si considerano e vengono nel mondo esterno considerati”.
“Va sottolineato – rende noto Rete Lenford – che, mentre la Camera si appresta a discutere la proposta di legge sulle unioni civili dove l’adozione dei figli del partner è stata stralciata rimettendo così tutto nelle mani dei giudici, il Tribunale scrive che già la normativa attuale ‘deve poter essere interpretata alla luce dei principi costituzionali e convenzionali che costituiscono il fondamento per il riconoscimento di nuove forme di genitorialità‘. ‘E’ di tutta evidenza – continua la sentenza – che i rapporti esistenti tra le ricorrenti ed i rispettivi figli sono quelli concretamente e quotidianamente tipici di una sana relazione madre-figli'”.
L’avvocato Maria Grazia Sangalli, presidente di Avvocatura per i diritti Lgbt-Rete Lenford aggiunge: “Il moltiplicarsi di sentenze che riconoscono l’adozione incrociata dei figli dei due partner di una coppia formata da persone dello stesso sesso mette in luce l’assoluta idoneità di queste coppie a svolgere in pieno il ruolo genitoriale”.
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