Attacchi improvvisi, urla, scenate, oggetti che volano. La rabbia dei bambini, ai genitori di oggi, fa paura. Perché non sanno come gestirla, se ne chiedono i motivi, vanno in crisi. Francesca Broccoli, psicologa e psicoterapeuta, notando che al suo studio arrivavano sempre più richieste sul tema, ha scelto di approfondirla e metterla al centro del suo libro “Lascia che si arrabbi. Capire a affrontare la rabbia di tuo figlio dai 2 ai 13 anni” (Sperling & Kupfer). In Romagna l’autrice ne ha parlato anche a “Giù giù”, spaccio pannolini di Imola.
Francesca, perché la rabbia preoccupa così tanto mamme e papà?
“Credo che i genitori di oggi, e mi ci metto in mezzo dato che ho un bambino di 21 mesi, siano la prima generazione di mamme e papà a mettere in pratica i concetti di vicinanza e scarsa asimmetria. Se da un lato questo è positivo, dall’altro ci manda in tilt di fronte alle manifestazioni di conflittualità, al dover dare dei limiti: viviamo tutto come qualcosa di altamente allarmante”.
La rabbia è quasi sempre associata a qualcosa di negativo da tenere a bada e sopprimere. Un atteggiamento sbagliato?
“Sì, la rabbia è un’emozione importante e legittima. Sopprimerla significa comunicare al bambino che non deve tirarla fuori, che lo consideriamo cattivo se lo fa. Noi grandi dobbiamo invece avere la forza e il coraggio di vedere e accettare la rabbia, aiutando il bambino a elaborare i vissuti che porta con sé. Facendo così, già riusciamo a essere contenitivi”.
Dietro le manifestazioni di rabbia c’è sempre un significato psicologico profondo da capire?
“Dietro la rabbia c’è sempre un significato. A volte è legato a storie e vicende gravi, altre – più semplicemente – al fisiologico sviluppo del bambino. Anche nel secondo caso, però, non bisogna banalizzare: il fatto, per esempio, che il piccolo impari a gestire il distacco dai genitori, può scatenare episodi di rabbia. Fa parte della crescita e come tale dobbiamo essere attenti”.
Con che cosa viene confusa più spesso la rabbia?
“Con l’aggressività, con la violenza: cose molte rare nei bambini. Anche in questo caso, dobbiamo essere cauti: noi adulti facciamo troppo spesso associazioni veloci e superficiali. Un bimbo arrabbiato non è destinato per forza a diventare violento”.

La rabbia è necessaria, serve a crescere e a rendersi autonomi rispetto agli adulti. Perché fatichiamo a capirlo?
“Perché a livello simbolico ci richiama qualcosa di selvaggio e che sfugge al controllo. Ma dobbiamo andare oltre”.
Di rabbia, nel libro, parli anche quando tratti l’argomento dei bambini iper impegnati e con agende fittizie. In questi contesto la rabbia che significato assume?
“Il bambino stressato e compresso usa la rabbia per manifestare il disagio che vive nell’essere sempre in apnea, in uno stato di perenne tensione in cui deve soddisfare le richieste, i tempi e i modi dettati dagli adulti, in cui deve reggere un certo stato ed essere sempre in modalità performance. In questi casi il bambino rivendica la sua libertà così, pensando che almeno – visto che non può fare altro – ha la possibilità di arrabbiarsi”.
Il diario della rabbia è uno strumento che a volte usi con i bambini in età scolare: di che cosa si tratta?
“Lo propongo ai bambini per farli sentire protagonisti e controllori di quello che succede: nel diario annotano gli episodi di rabbia, come si sono sentiti fisicamente, che cosa hanno pensato, quali comportamenti avrebbero potuto tenere altrimenti. Uno spazio di riflessione su se stessi che torna utile quando la rabbia è passata e la testa non è più nel pallone”.
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