Bebe, ragazza-coraggio: “Quando i compagni di classe mi chiedono in prestito un braccio”

A Bebe mancano tutti e quattro gli arti (foto di Augusto Bizzi)
A Bebe mancano tutti e quattro gli arti (foto di Augusto Bizzi)

Urla tanto, urla forte. Mai per dolore, tantomeno per disperazione. Bebe urla per darsi la carica, per trovare ancora una volta la motivazione giusta e tentare la vittoria. Maria Beatrice Vio è di quelle persone che uno si chiede come faccia: ad avere coraggio, a non buttarsi giù, a sognare nonostante tutto. Diciott’anni, colpita nel 2008 da una forma di meningite che ha portato all’amputazione di tutti e quattro gli arti, una settimana fa ha vinto la medaglia d’oro ai Mondiali di scherma paralimpici ad Eger, in Ungheria. Del resto, se le chiedi cosa le tenga alto il morale, Bebe non ha dubbi: “Lo sport e la famiglia”. I suoi genitori Teresa e Ruggero hanno fondato art4sport, l’associazione che aiuta i bambini e i ragazzi amputati a integrarsi, appunto, attraverso le diverse discipline: sci, canottaggio, nuoto, calcio.
Bebe, che vita fa una ragazza nelle tue condizioni?
“Una vita normalissima. Vivo in provincia di Treviso, studio comunicazione e grafica, sono al quinto anno: bisogna che presto mi metta a pensare all’esame di maturità. Mi sento uguale ai miei compagni, alle protesi non faccio ormai più caso. La normalità, in classe, è scherzarci sopra: ‘Passami un braccio, dammi una mano’, mi dicono i compagni. La mia situazione è talmente ordinaria che è diventata un gioco”.

L'euforia della vittoria (foto di Augusto Bizzi)
L’euforia della vittoria (foto di Augusto Bizzi)

Sei diventata il volto dell’ottimismo, della capacità di rialzarsi. Avrai avuto momenti durissimi, però.
“Sì, ci sono stati momenti pesanti e dolorosi. Ancora oggi, la malattia che mi ha colpito si porta dietro i suoi strascichi: cicatrici, problemi alla pelle, alle ossa, ai denti. Una volta all’anno subisco un intervento chirurgico. Ma io reagisco sempre allo stesso modo, con il sorriso: ci sono abituata”.
La tua storia è diventata anche un libro, “Mi hanno regalato un sogno”: è stato difficile mettersi a nudo?
“Molto. Un percorso lungo e che mi ha portata a confessare e raccontare eventi che nemmeno la mia famiglia sapeva. A mio fratello Nicolò, mentre lo leggeva, capitava di chiedermi: ‘ma davvero tutto questo è capitato a te?’. Però è andata, alla fine che importa se la mia famiglia ha scoperto alcune cose di me attraverso il libro. Loro sono tutto per me, mi considero molto fortunata ad averli così uniti. Ho anche una sorella, Maria Sole, di 14 anni. E un cane. Se penso ai miei amici con i genitori separati, posso davvero ringraziare di non essere nei loro panni”.
In genere i ragazzi e le ragazze della tua età si fanno problemi per le stupidaggini più grandi: come la vedi?
“Il più delle volte mi fanno sorridere. Ma capita anche a me di arrabbiarmi perché, magari, davanti all’armadio non riesco a trovare niente da mettermi. Credo, alla fine, che i problemi, grandi o piccoli, li abbiamo tutti. A fare la differenza è solo il tipo di reazione”.

Beatrice Vio, detta Bebe (credits: Augusto Bizzi)
Beatrice Vio, detta Bebe (credits: Augusto Bizzi)

A proposito della vittoria di sabato scorso, pensavi di poter arrivare così in alto?
“Non ci ho creduto fino alla fine. E questo, all’inizio, mi ha penalizzata. Nella scherma, se non ci sei con la testa, non combini nulla. Ero come in trance, non abbastanza motivata. L’allenatore mi ha spronata in tutti i modi, urlandomi di muovermi e accusandomi di non volere la vittoria. I suoi rimproveri sono serviti: mi sono svegliata e ce l’ho fatta. Una sensazione bellissima, resa ancora migliore dall’esperienza della gara in squadra: non ci ero abituata, è stato entusiasmante condividere questo successo con le mie compagne”.

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