Figli scomparsi, famiglie nel panico. Penelope: “Ma il problema è ancora minimizzato”

bambino ragazzi adolescenti televisioneSono 15.300 i bambini che risultano scomparsi in Italia. Di questi, 1.980 sono italiani. Una cifra “spaventosa”, come la definisce Antonio Maria La Scala. Il presidente dell’associazione Penelope Italia sarà a Cesena (palazzo del Ridotto, piazza Almerici) sabato 20 giugno a partire dalle 9 per il convegno “Cold case. Casi irrisolti e cadaveri non identificati” (il programma è qui) al quale parteciperà anche Marisa Degli Angeli, la combattiva mamma di Cristina Golinucci, sparita da Cesena 23 anni fa e mai più ritrovata (la sua storia l’avevamo raccontata qui). Un’occasione per fare il punto sulle nuove normative e per accendere ancora una volta i riflettori su un fenomeno troppo poco considerato. Perché succede ancora che in alcune caserme si minimizzi il problema, rimandando di fatto l’attivazione delle ricerche e perdendo tempo, eccessivo tempo. Quelle 48 ore fondamentali, passate le quali, il più delle volte, non rimane più nulla da fare.
Presidente, che cosa vi riferiscono i familiari degli scomparsi? Vengono adeguatamente ascoltati quando si precipitano dalle forze dell’ordine per le denunce?
“Non sempre, purtroppo. A volte il carabiniere di turno consiglia di ripassare il giorno dopo, quando ci sarà il comandante. O di sporgere denuncia dopo qualche giorno. Una sottovalutazione vergognosa del problema. Lo ripetiamo spesso alle famiglie: si tratta di un rifiuto di atti d’ufficio e come tale va denunciato”.
La famiglia che potere ha, per le mani?
“La famiglia deve fornire il maggior numero di dettagli possibili: l’ultima persona vista, i medicinali assunti, la classe frequentata, la catechista di riferimento, la palestra, le associazioni di cui la persona faceva parte. Quanto all’aspetto fisico, tutto serve: i nei, le otturazioni. Vizi compresi. Nulla va tralasciato. Senza contare che oggi, al contrario che in passato, la famiglia può chiedere al prefetto l’accesso agli atti: ovvero ha il diritto di conoscere che cosa è stato fatto fino a quel momento per trovare il familiare scomparso. Il prefetto, del resto, ha un ruolo fondamentale nella ricerca: una circolare dice che può ascoltare parenti, conoscenti e amici per un verbale di audizione che cambia radicalmente le cose, visto che un magistrato non lo farà mai. Peccato che la maggior parte dei prefetti non sappiano di questo potere istruttorio”.

Antonio Maria La Scala, presidente di Penelope Italia
Antonio Maria La Scala, presidente di Penelope Italia

Che cosa succede se la macchina delle ricerche non si attiva nell’immediato?
“Che se non c’è di mezzo un reato, il penale viene archiviato e chi si è visto si è visto. Il caso finisce nell’angolo, in mezzo a un faldone di documenti. E non se ne parla più. Noi siamo nati per questo: le famiglie sono del tutto smarrite in situazioni del genere, non hanno punti di riferimento”.
Lei non ha storie di scomparsi nella sua biografia personale. Di famiglie che hanno vissuto o vivono sulla propria pelle questo problema, però, ne ha viste e ne vede moltissime: qual è il sentimento comune?
“L’angoscia. La famiglia da un giorno all’altro precipita nel panico più totale: non sa cosa fare, non capisce a chi deve rivolgersi, dove andare. In Italia abbiamo 29.850 persone scomparse: il fenomeno è esorbitante ma si continua a far finta di non vederlo. Penelope cerca di impegnarsi con tutte le forze che ha: da otto anni a questa parte, quando sono diventato presidente nazionale, siamo riusciti ad aprire comitati regionali in sei regioni dove non esistevano, soprattutto al Sud. E sono rientrati nell’associazione familiari di persone scomparse che si erano allontanate, come il fratello di Elisa Claps o la famiglia di Roberta Ragusa, solo per citarne alcuni”.

www.penelopeitalia.org

 

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