Il feto è morto, non c’è più battito. Per una giovane donna di Ravenna, nel 2007, la diagnosi della ginecologa dell’ospedale di Ravenna era stata netta e irreversibile: aborto spontaneo alla quinta settimana di gravidanza, poi confermato la settimana successiva tramite ecografia ed esami. E così la donna, al primo figlio, si era sottoposta al raschiamento. Ma dopo un mese, durante la visita di controllo, la rivelazione: il feto c’era, il cuore batteva, la gravidanza – arrivata nel frattempo alla dodicesima settimana – stava procedendo. Fin dall’inizio, insomma, la gravidanza era stata gemellare e la revisione di cavità uterina (in gergo raschiamento) non aveva danneggiato il secondo feto. La bambina nata da quella gravidanza ha oggi otto anni.
La storia, raccontata dal quotidiano Il Resto del Carlino, era proseguita poi con citazione della ginecologa da parte della 29enne e con la denuncia dell’Ausl per condotta negligente e imprudente. La donna aveva chiesto anche un risarcimento di 20.000 euro per i danni non patrimoniali subiti. La sanità locale aveva negato ogni responsabilità ma nei giorni scorsi il giudice Tommaso Paone ha dato ragione alla donna, con una sentenza che stabilisce la responsabilità della ginecologa e quantifica il danno morale in 12.500 euro.
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