“Forza donne! Io ho mia mamma nella vostra stessa situazione…lavora 44 ore a settimana compresi festivi in un market, non vogliono neppure darle un part time…ma noi abbiamo bisogno della nonna a tempo pieno e lei ha bisogno dei suoi nipoti a tempo pieno!”. Recita così uno dei tanti post scritti sulla pagina del Comitato Opzione Donna, luogo della protesta che sta salendo in queste settimane per un groviglio normativo davanti al quale Dianella Maroni, dirigente del Comune di Ravenna, non è riuscita a rimanere con le mani in mano: è stata lei, il 22 luglio scorso, ad aver aperto la pagina per dire no ad un sogno mancato. Quello della pensione che la legge Maroni del 2004 – poi “salvata” dalla Fornero – concede alle donne che entro il 31 dicembre del 2015 abbiano compiuto 57 anni (58 se lavoratrici autonome) e abbiano maturato 35 anni di servizio. Un’opportunità che, però, una circolare dell’Inps fa sfumare dicendo che chi fa domanda deve essere in possesso dei due requisiti entro settembre 2014. Il che significa che, per esempio, Dianella Maroni non andrà in pensione quando avrebbe potuto scegliere di farlo – con il sistema contributivo e quindi una riduzione della “paga” – ma sette anni dopo. E come lei altre migliaia di donne – se ne stimano 6mila in tutta Italia.

Sono più di 500 le persone che in questo mese e mezzo si sono iscritte al Comitato, speranzose di smuovere la politica e sbloccare la contraddizione. Con almeno tre vantaggi, secondo Dianella Maroni: “Innanzitutto le donne servono da ammortizzatore sociale. Molte hanno i genitori anziani a carico, altre devono seguire i nipotini. Poter scegliere di restare a casa prima, rinunciando a una parte dei soldi, è un’opzione fondamentale che ora vediamo sparire davanti ai nostri occhi. Non solo. L’opzione donna consente allo Stato di risparmiare circa mille milioni di euro, riuscendo magari a garantire le pensioni, un giorno, per i nostri figli. Terzo, libera posti nel settore pubblico e privato, assicurando così il ricambio generazionale”.
Le nonne – e non sono loro – in battaglia sono un po’ in tutta Italia: “Si sono iscritte persone dalla Lombardia alla Sicilia, segno che il problema è sentito. Questo è il mio cavallo di battaglia e ci credo, arriveremo a parlare con chi decide”.
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