C’è chi beve per rilassarsi, chi per godere dell’effetto disinibitorio prodotto dall’alcol, c’è invece chi si rivolge al bicchiere o meglio alla bottiglia per “cadere”, per perdere i sensi e andare in blackout. Qualche minuto in cui tutto diventa nero, in cui si perde conoscenza e si precipita sempre di più. Un momento in cui si raggiunge la calma. Questo è quanto accadeva a Violetta Bellocchio, autrice di “Il corpo non dimentica, edito dalla Mondadori, una testimonianza che narra di ricoveri in ospedale , di storie di sesso e di ore passate a distruggersi scritte in maniera nuda e cruda. Con una tale sincerità che ferisce.
“E’ il racconto – spiega Violetta Bellocchio – di una fase della mia vita in cui cercavo di recuperare i miei ricordi”. A Violetta non basta disintossicarsi per uscire dal baratro, ma a distanza di anni, per ritrovare se stessa, ha bisogno di rituffarsi in quel periodo buio vissuto tra i suoi 25 e i 28 anni di cui non ha più memoria. E lo fa attraverso una psicoterapia e un esercizio legato a delle parole chiave che ogni giorno riportano in superficie degli indizi con i quali ricostruire il tempo perso. Si ritrova e costruisce la propria identità attraverso dei flashback che la costringono a non dimenticare mai più.
Ora Violetta di anni ne ha 36, è autrice di programmi televisivi, radiofonici, giornalista che scrive per varie testate e autrice di un libro che in poco tempo è stato letto da tantissime persone. “Non sono più la persona che ero quando scrivevo questo libro, –racconta l’autrice – ci sono delle situazioni estreme nella vita che ti spingono a cambiare”.
“Il corpo non dimentica” quello che forse la mente vorrebbe ma che invece rimane indelebile sulla pelle di ognuno di noi. Un libro che si presenta come un mémoire alla ricerca di ricordi ma che diventa anche una riflessione sulla propria storia, sulle origini e sugli altri membri della famiglia che in un modo o nell’altro influenzano le storie di vita di ognuno di noi. Un racconto lucido e violento nel quale Violetta sembra guardarsi dall’esterno e scrivere delle sue relazioni sessuali, dei suoi escamotage per bere senza farsi scoprire, delle tante bottiglie nascoste sotto il letto con estrema onestà. “Finito il libro mi sono detta ‘Oh mio Dio, che cosa ho fatto, ora la mia storia diventerà pubblica!’ ma digerita la cosa, ho capito che non potevo più tornare indietro”.
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