In spiaggia senza costume: “Come crescono bene i figli dei naturisti”

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Jean Pascal Marcacci, presidente dell’Aner e papà naturista

naturismoCrescere sulle spiagge naturiste, senza costume, per i bambini è un vantaggio. Parola di Jean Pascal Marcacci, avvocato penalista, presidente dell’Aner (Associazione naturisti emiliano-romagnola) e padre di due ragazzi di 23 e 18 anni, allevati secondo i principi del contatto con la natura e del rispetto di se stessi e degli altri.
Marcacci, quando i suoi figli sono nati lei e sua moglie praticavate già il naturismo?
“Sì, fin dai tempi dell’università. Avevamo cominciato ad andare in vacanza in Croazia e poi avevamo scoperto spiagge meravigliose in Italia, come Sperlonga. E poi la mitica Bassona. Quando sono nati i nostri figli, è stato normale continuare a fare i naturisti”.
I bambini come vivono una scelta del genere?
“Con tutta la normalità possibile. Non hanno paure a spogliarsi, non si vergognano, non sviluppano quello che gli altri chiamano pudore. A tre anni li portavamo a Mirabilandia e nei giochi acquatici stavano senza costume. Vedevamo, al contrario, bambine piccolissime indossare già il bikini. Una cosa che trovo assurda”.
Crescendo, diventando grandi, non hanno iniziato ad allontanarsi dalla pratica del naturismo?
“No, da adolescenti hanno vissuto i problemi e i complessi di tutti, come i brufoli. Nulla a che fare, però, con il naturismo. I figli dei naturisti vivono fin da piccoli, con normalità, le modificazioni del corpo delle persone. E non sviluppano certe morbosità. Non cercano chissà cosa in un corpo nudo”.
Si potrebbe dire che hanno un vantaggio educativo?
“Assolutamente sì. So di bambini che non hanno mai visto la loro mamma nuda. E poi ci chiediamo perché certi adolescenti o certe adolescenti diventano morbosi e scatenati. Eppure siamo ancora soggetti a pregiudizi duri a morire”.
Del tipo?
“Molti sono convinti che appena il maschio si spoglia ha un’erezione o che appena una donna fa lo stesso abbia l’istinto ad avere rapporti sessuali. Non si capisce che il nostro è un modo di stare a contatto con la natura: non ci spogliamo certo dove capita. Se per assurdo il bagno X di Riccione decidesse di aprirsi al nudismo, non avrebbe nulla a che fare con noi. Sarebbe solo, come cantava Dalla in ‘Ciao’: la spiaggia di Riccione, milioni di persone…No, il naturismo è un’altra cosa”.
Perché c’è così tanta retrosia?
“Perché siamo in un mondo di paradossi. A Formentera, dove c’è la nudità opzionale, l’80% dei turisti sono italiani. E si spogliano eccome. Poi, quando tornano a casa, se vedono una persona nuda in spiaggia chiamano le forze dell’ordine. Idem quando noi vediamo uno in costume su una spiaggia naturista: chiaro che è un guardone ma non possiamo intimargli di allontanarsi. Al contrario, se un naturista va su una spiaggia di Cattolica e si spoglia, si trova circondato. Il problema è culturale”.
Lei è anche avvocato: le capita spesso di difendere naturisti?
“Eccome. E assisto anche in questo caso a contraddizioni pazzesche. Vengo da un processo nel quale due coppie erano accusate di atti contrari alla pubblica decenza. I carabinieri avevano denunciato solo i due uomini, le due donne no. Forse perché stavano bene senza costume. E il giudice ha emesso una sentenza ridicola nella quale si è limitato a dire che non era sicuro che le persone denunciate fossero nude, forse si stavano solo cambiando. Questo pur di non ammettere che avevano tutto il diritto di stare nudi. In assenza di una legge nazionale, regna l’anarchia. I sindaci fanno quello che vogliono, quando invece basterebbe segnalare le spiagge naturiste in tre o quattro lingue. Un’operazione molto semplice”.
I suoi figli frequentano ancora le spiagge naturiste?
“Meno ma non perché siano contrari. Il problema è che si annoiano. A noi è vietato organizzare qualsiasi attività, non si possono aprire bar. E per un ragazzo è terribile non avere possibilità di svago. Così preferiscono andare verso i lidi riminesi. Ogni tanto vengono con noi, il più grande anche con la fidanzata. E non hanno nessun problema a spogliarsi”.
Lo fanno molte famiglie?
“Purtroppo, a causa delle restrizioni, in Italia no. Perché per praticare naturismo bisogna difendersi, arrabbiarsi. E la famiglia non è certo la cornice migliore per farlo. All’estero, invece, tra i naturisti i genitori con figli sono la parte preponderante”.

In questo articolo ci sono 5 commenti

Commenti:

  1. Aggiungo io che il fatto di educare i figli a conoscere il proprio corpo nudo sin dalla più tenera età dovrebbe essere la giusta regola per non installare loro il senso della vergogna e portare tanti problemi psichici di tipo sessuale.
    Non è certamente la miglior cosa nascondere le questioni sessulali e dire che tutto è ptoibito e poi vedono di tutto e di più dai media.
    Oggi quando i figli arrivano attorno ai 10 anni difficilmente ascoltano i genitori che hanno raccontato a loro tante bugie ma agli amici ed amiche e poi iniziano a quardare i video pornografici e dopo poco fanno le prime cattive esperienze che portereanno in particolare tanti problemi di vario genere ed una vita difficilmente serena.
    Normale dovrebbe essere per tutti fare il bagno nudi e non vestiti e ridicolo il contrario!

  2. Sono perfettamente d’accordo con quanto sostenuto dall’avv. Marcacci. Dobbiamo finalmente renderci conto della forte valenza educativa che ha per i bambini (e non solo per loro!) l’abitudine alla normalità della nudità.

  3. D’accordissimo con l’articolo e i commenti! Abituare i bambini alla nudità eviterebbe un sacco di complessi! Mia mamma non voleva mai farsi vedere nuda, infatti da bambino entravamo insieme nello spogliatoio al mare, ma mi faceva uscire quando toccava a lei mettersi il costume! Secondo me pensava che sarei rimasto turbato nel vedere una donna nuda, invece era il contrario, così facendo non riuscivo capire il perché non potevo vedere mia mamma spogliata e restavo perplesso!

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