Una sfilata accompagnati dai loro educatori, una festa di Natale per integrare i bambini con autismo con quelli senza, una festa di primavera. Basta poco, o forse molto, per fare conoscere alla cittadinanza il problema dell’autismo. Ed è lo scopo che si è prefissata circa un anno fa l’associazione Imola Autismo presieduta da Elvira Noferini, che oggi alle 17 sarà a Palazzo Sersanti (piazza Matteotti 8 a Imola) per il seminario “Incontrasi per conoscere” al quale parteciperanno anche i professionisti e docenti del settore e le associazioni “Imola Contro Autismo” e “Anche noi ci siamo”.
Elvira, di autismo si parla sempre di più: è sufficiente?
“No, è importante dare sempre maggiore visibilità al problema. Ci sono ancora troppi preconcetti, soprattutto intorno alle persone con autismo grave. Sono viste come malate di mente, è terribile assistere oggi al perdurare di certi retaggi culturali. Con i quali, purtroppo, sono costrette a scontrarsi le famiglie che vivono in prima persona l’autismo”.
Le famiglie sono il vostro pensiero principale: come?
“L’associazione Imola Contro l’Autismo esiste da più tempo rispetto a noi. Noi siamo un gruppo di volontari che cerca di dare una mano, di lavorare insieme, di cercare sovvenzioni per i progetti. Se le istituzioni, le associazioni, la sanità e il mondo della scuola non si mettono allo stesso tavolo, si risolvono ben poche cose. Il confronto è importante. Mi ha chiamata due giorni fa una mamma di Lugo per chiedermi di poter partecipare al seminario di oggi: segno che c’è bisogno di condivisione”.
In che ambito si sentono più soli i genitori?
“Molti non sanno che il figlio, magari, con certi metodi come l’Aba e se seguito in un certo modo, può raggiungere risultati migliori di quelli che si pensa. Le famiglie devono sapere che se possono ottenere trenta, questi bambini devono arrivare a trenta. Se possono ottenere cinquanta, devono arrivare a cinquanta. Per molti di loro riuscire a vestirsi, lavarsi, fare alcuni lavoretti è già moltissimo. L’altro grosso problema è il dopo, cioè la fase che si apre quando i ragazzi escono dalla scuola: c’è il vuoto assoluto. Noi stiamo cercando di organizzare dei laboratori specifici, affinché imparino qualche attività che possa essere loro utile in futuro”.
Il reperimento delle risorse è difficile in un periodo come questo?
“Molto. Domani però siamo contenti di ufficializzare il versamento, alla nostra associazione, dei 6.600 euro che abbiamo raccolto grazie ad alcune aziende che hanno partecipato ad un convegno sull’autismo a Pisa. Le risorse non bastano mai: oltre che sostenere i progetti, noi copriamo per brevi periodi anche le spese per le terapie che le famiglie maggiormente in difficoltà non sono in grado di affrontare”.
Gli educatori domiciliari, per esempio, sono a carico delle famiglie?
“Sì, mentre a scuola ci pensano il Comune e la Fondazione Cassa di Risparmio di Imola. I bambini con autismo vanno seguiti da subito, fin dalla diagnosi. A Imola i genitori hanno fatto una scelta precisa, quella di formare loro stesse gli educatori”.
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