“Tra la mamma chioccia e la mamma tigre, io scelgo la terza via”

elisabetta ambrosiUna mamma rock è allegra, spensierata. Una mamma rock è poco apprensiva o forse non lo è per niente. Elisabetta Ambrosi, giornalista e autrice del libro “Mamma a modo mio. Guida pratica ed emotiva per neomamme fuori dal coro” (Urra), ha scelto una terza via con suo figlio di quasi quattro anni. Ha rifiutato ogni ideologia, ha dato un calcio ad ogni stereotipo.
Elisabetta, le mamme da quali estremi dovrebbero stare alla larga?
“Credo ci si possa allontanare sia dal modello della mamma chioccia che da quello della mamma tigre. La prima è iperprotettiva, ansiosa, fatica a staccarsi dal bambino, è fissata con la salute e l’alimentazione e dimentica, in questo modo, tutta la dimensione della libertà e del divertimento reciproco con il proprio figlio. Troppo preoccupata che si faccia male, gli preclude moltissime esperienze. La seconda è castrante, ipersevera, competitiva”.
Come ci si pone nel mezzo?
“Con l’intelligenza e le emozioni, due dimensioni che devono sempre intrecciarsi. Una mamma dovrebbe provare, sperimentare, leggere, buttarsi, imparare dall’esperienza. Quando è nato mio figlio, mi sono sentita su Marte: tutto era nuovo, formidabile, sconosciuto. Con curiosità e voglia di scoperta, mi sono immersa nel suo mondo. Un mondo da cui per fortuna non si esce più e dal quale però bisogna sapersi anche difendere. Un esempio? Da mamma impari a conoscere un immaginario televisivo che prima ignoravi e che da certi punti di vista racconta il tipo di società in cui viviamo. E che non è sempre positivo”.
Per esempio?
“Uno dei miei cavalli di battaglia riguarda la conciliazione maternità-lavoro. Mi piacerebbe scrivere un libro sul tema, tanto mi sta a cuore. In Italia il conflitto diventa spesso esasperante, io noto rabbia e frustrazione in molte mamme. Con la crisi economica, poi, il problema si è aggravato ancor di più: e tornano a galla vecchi luoghi comuni che sembravano superati, come il modello della mamma di una volta che deve rimanere a casa ad accudire i bambini”.
Stare in equilibrio è molto difficile: come si fa?
“Non bisogna rinunciare alla propria emancipazione lavorativa, non bisogna piegarsi a insoddisfacenti part-time che ci fanno guadagnare due spiccioli. Fin da quando mio figlio era appena nato, ho esercitato il distacco: un caffè con un amica per dieci minuti, poi un’uscita di mezzora e via via crescendo. A tre mesi ho scelto il nido, fidandomi del fatto che è una dimensione meravigliosa per crescere, socializzare e sviluppare il linguaggio. Un luogo molto più sicuro di certi ambienti domestici, a volte, e molto più stimolante di noiose e monotone giornate a casa con una mamma apprensiva o una tata. E per una donna non è una manna solo perché rientra al lavoro: lì conosce altre mamme, entra in un contesto comunitario, si sente meno sola. Bisogna imparare ad affidarsi”.

Elisabetta Ambrosi
Elisabetta Ambrosi

Oggi imperversa la paura di quello che potrebbe capitare ai nostri figli quando non sono in mano nostra: un’esagerazione?
“Credo di sì. Gli episodi di cronaca dei maltrattamenti da parte di educatrici non aiutano ma sono casi isolati. Il nido resta un’esperienza altamente consigliabile perché di grande valore. I bambini imparano a stare con gli altri. Oggi mio figlio è affidato ad una sorta di comunità: un giorno lo prende da scuola il nonno, un altro il baby-sitter e così via”.
Un baby-sitter uomo?
“Sì, oltretutto bravissimo. Anche qui, certi muri vanno abbattuti, certe diffidenza eliminate. Abbiamo in testa degli schemi e certe opzioni nemmeno le consideriamo. Io ho scelto questa sorta di affidamento condiviso, così posso permettermi di continuare a fare questo lavoro meraviglioso ma difficilissimo che è la giornalista”.
Mai ricevuto critiche per il metodo rock?
“No ma vedo una guerra ideologica insensata in atto. Sull’allattamento, per esempio, la scuola del latte al seno a richiesta e a oltranza non fa il paio con il bisogno di compromessi che la vita quotidiana richiese tra stanchezza, mancanza di sonno, bisogno di rientrare al lavoro. Io sono dell’idea che le donne che hanno appena partorito avrebbero bisogno di avere una persona affianco che le aiuti e le sostenga per almeno la prima settimana. Invece no: dopo 48 ore veniamo fatte uscire dagli ospedali e catapultate in una dimensione di grande solitudine. Se ci viene una mastite, probabilmente rinunceremo in pochi minuti all’allattamento al seno”.
La sua esperienza in materia qual è?
“Allattavo al seno ma con gli orari, non è possibile attaccare il bambino quindici volte al giorno. In parte, poi, usavo il tiralatte così qualcun altro al posto mio poteva dargli da mangiare. A quattro mesi ho smesso, senza sensi di colpa o paure: è stata la mia forma di compromesso ma ci sono davvero mille altre modi per farlo. L’allattamento è qualcosa di così soggettivo che le ideologie non servono a nulla. Questo vale sempre: bisognerebbe aiutare le donne ad allattare al seno, perché questo è ciò che la maggior parte di loro desiderano, non è vero che la madri scelgono l’artificiale con superficialità. Al tempo stesso, però, se per qualche motivo bisogna introdurre un supplemento artificiale o passare al biberon, le madri devono comunque essere rassicurate. Dire loro che il bambino sarà ‘condannato a morte’ (visto il numero di malattie che si associano oggi al mancato allattamento al seno), specie nel momento in cui sono più vulnerabiie, è una stupidaggine che produce solo ansia e malessere”.

Elisabetta Ambrosi cura un blog su “Il Fatto Quotidiano”: cliccare qui per leggerlo

In questo articolo c'è 1 commento

Commenti:

  1. Bah
    Spero la signora non scriva un libro davvero, sarebbe l’ennesimo a misura di genitore e non dei bambini
    Il nido e socialuzzare serve dai 2 anni, prima serve la mamma
    I figli non si fanno per parcheggiarli. La donna mon deve rlnunciare al lavoro ma io che son mamma single e di lavori ne ho 2 credo che si possa far tutto nei tempi giusti per il bambino, perchè lui viene prima.
    Allattamento viene consigliato almeno ai 6 mesi. Se una vuol smettere o usare il biberon per potersi prendere un caffe credo posaa aspettare.
    Non tutte poi possono permettersi nonni babysitter nido
    Quindi la signora più che rock è fortunata e non fa media (come la hunziker che torna a lavorare subito dopo il parto, signora mia la possibilità -anche emotiva- non è quella)
    E una mamma rock è altro per me, lei è più una di quelle madri che una volta nato, si racconta da sola che le sue scelte son giuste per il bimbo, ma in realtà son giuste per lei

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