Il sospetto caso di tubercolosi alla scuola Drusiani di Bologna riaccende i riflettori su una di quelle malattie considerate rare, se non scomparse. Mentre a livello politico si accende la polemica, con la Lega che parla di “costi sociali prodotti dall’immigrazione”, sono i dati dell’ultimo rapporto regionale a chiarire un po’ le cose. Nel 2010 sono stati notificati 502 casi, nel 2011 473. Il tasso di incidenza più alto nel 2010 si era registrato proprio a Bologna, con 13,7 casi ogni 100mila abitanti. Nel 2011 era toccato a Rimini, con 13,4 casi per 100mila abitanti.
Nella fascia 0-14 anni si è registrato, nel biennio preso in esame, un aumento: prima il tasso d’incidenza si era mantenuto stabilmente al di sotto dei cinque casi ogni 100mila abitanti, tasso che tra il 2010 e il 2011 è salito a sei. Dei bambini che hanno contratto la malattia, è nato all’estero il 45,7% (nel 2010) e il 30,6% (nel 2011). Gran parte dei casi notificati, però, ha interessato bambini nati in Italia da genitori stranieri.
Nella classi di età 15-24 anni e 25-44 anni, invece, nel 2011 complessivamente l’80,4% delle tubercolosi notificate nel 2011 ha riguardato soggetti nati all’estero (88% nel 2010): si tratta di soggetti giovani, provenienti per il 37,2% dal continente africano, e che si ammalano nel 62,8% dei casi dopo tre anni dall’arrivo in Italia.
In ogni caso, bando agli allarmismi. La mortalità per tubercolosi è costantemente al di sotto di un caso per 100mila abitanti. Il tasso di mortalità è più elevato nella fascia di età più anziana, nella quale nel corso degli anni si è registrato il numero maggiore di decessi. Nel 2011, su un totale di 25 soggetti deceduti, non ci sono persone in età compresa tra i 5 e i 64 anni di età.
Bianca Maria Borrini, collaboratrice esterna della Regione Emilia-Romagna, sta lavorando al sistema di sorveglianza sulla tubercolosi e sa che i fattori da tenere in considerazione sono diversi: “L’immigrazione senz’altro, anche se abbiamo avuto casi in adolescenti autoctoni che non avevano viaggiato e che non avevano avuto contatti con stranieri. Nelle famiglie italiane ci sono ancora persone positive che magari da anziane, in seguito a terapie immunosoppressive, risvegliano l’infezione. E possono infettare chi sta intorno”. Altro aspetto, oggi i giovanissimi hanno abitudini di vita diverse da un tempo: “Spesso vediamo adolescenti stressati o che si sottopongono a diete: questo indebolisce l’organismo e lo rende attaccabile”.
Fortunatamente, il sistema di sorveglianza regionale fa sì che si intervenga in fretta: “Abbiamo messo in atto dei pacchetti formativi per i medici di medicina generale – continua Borrini – in modo che possano riconoscere precocemente la malattia. Non solo: appena gli esami sono positivi, la segnalazione è immediata e si somministra rapidamente la terapia, concomitante all’isolamento respiratorio”.
E la vecchia tubercolina che molti negli anni Novanta hanno conosciuto tra i banchi di scuola? “Si usava per svelare l’eventuale infezione – prosegue la dottoressa – ma dopo il calo dell’incidenza, questo genere di controllo è stato eliminato”. Il vaccino esiste ma non è efficace nell’adulto: “Molto utile, invece, risulta nei bambini molto piccoli. Ma viene consigliato a chi è esposto all’infezione”.
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