
Childfree (senza figli per scelta) o childless (senza figli per circostanze): se non è zuppa è pan bagnato. Fatto sta che un quinto delle donne nate nel 1965 non è madre. Viene da qui il titolo del libro di Eleonora Cirant, bibliotecaria, giornalista e blogger (Racconti del corpo) “Una su cinque non lo fa. Maternità e altre scelte” (Franco Angeli). Eleonora sarà oggi dalle 15 alla sala Muratori della Biblioteca Classense di Ravenna (via Baccarini, 5) per il seminario “L’ambiguo materno” organizzato dall’associazione Femminile Maschile Plurale e dalla Libera Università delle donne di Milano. Il suo intervento “La mostruosità delle non madri” getterà luce su un tema sempre più sentito: quello dell’essere pianamente donne senza per forza avere dei bambini.
Eleonora, una su cinque non lo fa. Tu, invece, l’hai fatto?
“No, ho quarant’anni e un compagno di sessanta che amo, una situazione economica non proprio solidissima e una vita che mi appassiona. Il sentimento della maternità è stato per lungo tempo, dentro di me, ambiguo. Scrivere il libro, raccontando storie di donne come me, mi ha portata ad una maggiore consapevolezza: ho capito che molte di noi stanno qui ad arrovellarsi sul fatto di volere o non volere bambini ma così si diventa ossessive. Le cose devono venire anche un po’ da sé. Ben venga riflettere ma fino ad un certo punto”.
Insomma, il fatto di chiedersi troppo se si desidera un figlio è già indice di un sogno poco radicato?
“Probabilmente sì. Pensiamo all’uso dei contraccettivi: usandoli, scegliamo di non avere figli. Quella che appare come una non scelta, al contrario spesso lo è. Ciò non toglie che rimandare un figlio, o decidere di non farlo, sia poche volte una questione definitiva: molto più di frequente è frutto di circostanze di natura economica o relazionali, come la mancanza di un lavoro stabile o di un compagno con cui condividere un progetto di vita. A questo, va sommata la pressione psicologica che deriva dalla famiglia, dagli amici, dalla società”.
Da una donna, dunque, ci si aspetta sempre una maternità?
“Ancora sì, per quanto le cose siano cambiate. Fino a cinquant’anni fa, se non avevi figli, eri davvero vista come la diversa. Oggi no, molto meno: non ci sono sanzioni, non si corrono pericoli di nessun genere”.
Piuttosto, è possibile che le attese di chi sta fuori contribuiscano a creare ulteriore confusione nella testa di chi è già di suo molto indecisa?
“Assolutamente sì, il contesto fa molto. Alcune ricerche lo hanno messo in evidenza anche nei percorsi di procreazione assistita: nelle motivazioni delle donne ha un forte peso il condizionamento familiare, amicale e sociale”.
E gli uomini, in tutto questo, che parte giocano?
“Nelle storie che ho raccolto io nel libro l’uomo vuole un figlio e la donna no. Così, aumenta l’indecisione femminile. Prendiamo ad esempio Federica: lei racconta che ogni volta che con il compagno andava a trovare gli amici, tutti con figli, tornati a casa lui non faceva che ripeterle ‘perché noi no?'”.
Molte, dunque, faranno figli anche se non hanno maturato un vero sogno in tal senso…
“Non avere più modelli prestabiliti crea disorientamento: è più semplice il ripetere il già detto, il già fatto. Nel supermercato delle identità, regge di più quello che si è sempre conosciuto”.
Eppure la felicità non passa per forza dall’avere figli…
“No, passa dall’accettazione che le cose vengano, che le cose succedano: è vero che abbiamo la libertà di scegliere ma un figlio è anche un enorme responsabilità. Tra le quindici donne che ho intervistato, un campione che per scelta non vuole essere statistico, solo un terzo mi ha detto che non ha mai desiderato un figlio. Gli altri due gruppi sono composti da chi ha problemi di lavoro o da chi non ha una storia d’amore. Tra queste ultime, non si capisce bene se il desiderio sia un uomo o una famiglia”.
Che fascia di età hai scelto?
“Quella tra i trenta e i quarant’anni, la generazione venuta dopo il femminismo degli anni Settanta ma che è molto diversa da quella delle ventenni di oggi. Sono donne con una scolarizzazione molto alta, provenienti da varie zone d’Italia”.
Tutte senza istinto materno, si potrebbe pensare. Ma esiste davvero questo istinto?
“Non esiste l’espressione di un istinto che non sia al tempo stesso anche un’elaborazione culturale. Anche essere madre è frutto della cultura, tanto è vero che ci sono diversi modi di esserlo”.
L’intervento di Eleonora Cirant è solo uno dei tanti previsti all’interno del seminario, che dura fino a domani. Il programma di oggi è qui, quello di domani qui.
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Essere madri e’ frutto della cultura?
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