“Quando si parla di violenza sui minori, si pensa quasi automaticamente alla violenza sessuale o fisica, ma esistono tante forme di maltrattamento, quali l’incuria, l’accudimento carente o la violenza assistita. Tanti i segnali da parte del bambino che possono rappresentare delle spie di un possibile abuso”. Queste le parole di Enrico Valletta, direttore dell’U.O. di Pediatria dell’Ausl di Forlì che interverrà come relatore al Convegno “Pensieri, parole e azioni attorno al tema della violenza sull’infanzia: elementi di conoscenza per la costruzione della rete”, che avrà luogo sabato 25 gennaio nella Sala Comunale di Forlì (Piazza Aurelio Saffi).
Qual è l’intento del convegno?
“L’intento è quello di sensibilizzare quanti più operatori e personale possibile, che lavorano e che hanno a che fare con i bambini, sull’argomento e tracciare le linee di intervento, che assolutamente non possono che essere multidisciplinari e trans-istituzionali su un tema come quello della violenza sui minori, che in un periodo come questo non è più possibile eludere. Servizi sanitari, assistenti sociosanitari, volontari, ma anche forze dell’ordine, insegnanti e operatori nel mondo della scuola e dell’insegnamento sono invitati infatti a partecipare a questo incontro, perché solo unendo le forze e le conoscenze, facendo “rete” si può prevenire e arginare la violenza sui minori. Il criterio base del convegno è che si deve intervenire anche solo quando si profila il sospetto di una violenza nei confronti di un minore”.
Quali i segnali che potrebbero far pensare a un eventuale abuso e a chi per primo questi segnali non dovrebbero sfuggire?
“Tanti e di vario genere i campanelli d’allarme che potrebbero far insospettire gli insegnanti, per esempio, ‘le sentinelle della scuola’, su un possibile maltrattamento. Sono soprattutto i racconti del bambino che possono diventare illuminanti e chiarificatori rispetto all’eventuale violenza che il bambino sta vivendo. A ciò si aggiungono comportamenti poco adeguati rispetto all’età nei confronti della sessualità, che spesso si manifestano in relazione ai compagni di classe, oppure difficoltà a relazionarsi con l’adulto”.
In quanto pediatra, come riconosce un bambino maltrattato?
“Di solito questi bambini presentano atteggiamenti ‘sessualizzanti’, cioè interesse, discorsi e attenzione nei confronti degli elementi della sessualità, sproporzionati rispetto al loro sviluppo fisico e cognitivo. Alcuni manifestano paura e difficoltà nel momento della visita o dell’incontro. E’ importante ricordare che questo convegno nasce in relazione a un convegno dell’anno scorso che trattava la violenza sulle donne. I due tipi di violenza sono in connessione tra loro, perché spesso il bambino si trova ad assistere al maltrattamento subito dalla madre. Questa esperienza estremamente negativa può avere delle ripercussioni sulla psiche e sulla crescita del bambino allo stesso modo di una vissuta direttamente sulla sua pelle.”
Come devono comportarsi gli insegnati davanti a un probabile bambino maltrattato?
“Bisogna seguire la catena della modalità di rivelazione della violenza che parte con una segnalazione agli assistenti sociali. L’iter di questa catena dipende dal tipo di violenza che ci si trova davanti, diverso è il caso di un abuso sessuale da uno di incuria. Generalmente si parte con degli accertamenti sanitari (fisici e clinici) e si documentano le condizioni in cui vive il bambino attraverso fotografie. Si sottopone poi il bambino all’audizione, cioè il minore viene ascoltato da personale preparato in un contesto protetto e giuridicamente controllato. Si avvia infine un procedimento giudiziario che può consistere in una serie di provvedimenti temporanei di urgenza sul minore, ad esempio la pediatria può accogliere il bambino fino a che non siano stati fatti i dovuti accertamenti sull’ambiente in cui vive il minore”.
Come si interviene invece per ripristinare un sano sviluppo psico-fisico del bambino?
“Di certo c’è bisogno di un accompagnamento psicologico con l’obiettivo di riportare il minore a uno sviluppo conforme alla norma e bisogna aiutarlo a ristrutturare la sua personalità. Nel caso in cui il bambino non venga aiutato a elaborare il trauma, si può sviluppare una distorsione della personalità, con la conseguenza che in età adulta si potrebbe rimettere in pratica quello che si è vissuto da piccoli. Non è una novità che alcune persone che usano violenza di qualsiasi tipo su un minore, sono stati essi stessi oggetti di maltrattamento in passato. Nella maggior parte dei casi queste persone, se non aiutate e supportate tempestivamente, si porteranno dentro una ferita che li accompagnerà per il resto della loro vita”.

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