Che allattare faccia bene è ormai arcinoto. I benefici per il bambino, per la mamma e per la loro relazione vengono descritti da decenni in tutte le salse. Per Federico Marchetti, primario del reparto di Pediatria all’ospedale di Ravenna, è ora di fare un salto in avanti. Per questo “Il latte della mamma non si scorda mai”, la due giorni di eventi in programma sabato 8 e domenica 9 giugno in piazza San Francesco, saranno solo “un punto di partenza”.
In che direzione, dottore?
“Non bisogna più parlare di allattamento al seno concentrandosi sui vantaggi. Sarebbe come dire che il fumo fa male: lo sappiamo tutti. Pensiamo invece a come facilitare l’allattamento, a come sostenere la donna a farlo, dandole strumenti pratici e non informazioni teoriche che potrebbero innescare sensi di colpa, nel caso non riuscisse a farlo o non volesse farlo”.
Chi ha la responsabilità di tutto questo?
“Gli operatori sanitari, che devono essere capaci e professionalizzati. Un’ostetrica, un pediatra o un infermiere possono impartire nozioni con le mani dietro la schiena, oppure metterci la testa e le mani, aiutando la mamma ad attaccare il neonato, mostrandole la posizione giusta che facilita la suzione, tranquillizzandola nei primi momenti dopo il parto, quando arriva la montata lattea. Questa seconda modalità dovrebbe appartenere a tutti”.
Gli operatori sono sufficientemente formati?
“In autunno l’Ausl di Ravenna partirà con una nuova formazione sull’allattamento al seno. Qualunque operatore si trovi di fronte all’evento della nascita, dev’essere in grado di affrontare la questione allattamento nella giusta maniera”.
Quanto ancora pesano, a livello culturale, alcuni luoghi comuni legati all’allattamento al seno?
“Purtroppo ancora molto ma sono falsi miti, come quello secondo il quale la mancata volontà di allattare impedisce l’arrivo del latte. E’ chiaro, la paura non aiuta ma questo è un discorso generale, non specifico. La volontà, questo sì, favorisce il ben fare ma non è certo il motivo principale per cui si ha la montata lattea”.
La donna che non allatta, per scelta o per caso, non è dunque sbagliata…
“Assolutamente no. In medicina il concetto di assoluto non esiste. Bisogna rispettare chi, per mille motivi, non allatta. Il problema, piuttosto, riguarda l’operatore, che deve chiedersi se ha dato le giuste informazioni per impedire che la donna decidesse di rinunciare al seno”.
La vera svolta, sul tema allattamento, è quindi incentivare la formazione?
“Sì. Un giovane specializzando di Trieste, Samuele Naviglio, ha scritto di recente un articolo sulla rivista ‘Medico e Bambino’ dove sostiene che la ricerca dovrebbe orientarsi di più sul perché non si riesce a fare in modo che più donne allattino. Le strategie di supporto sono il vero aspetto importante”.
Sabato, insieme a Enrico Valletta e Maurizio Iaia, parlerete anche di svezzamento seconda natura: perché?
“Perché il tema dell’allattamento al seno di lega ad altri aspetti della vita del bambino, come la lettura ad alta voce, lo svezzamento complementare, la sicurezza. Chi allatta al seno spesso vive la propria esperienza come qualcosa di totalizzante, ma c’è un mondo intorno, da considerare”.
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